IL MITO DELLA FINE

Il mito della fine


La fine è qualcosa che affascina e mette paura allo stesso tempo; noi siamo attratti dello sconosciuto e dell’avvenire, ci piace formularne delle ipotesi, suggerimenti e prevenzioni. Per questo, fra altro, la fine o il divenire conquista molto, le persone si mettono apprensive, cercano delle indicazioni e molto reticenti.
Con la fine dell’anno o capodanno non è diverso, la gente si aggira intorno a cose, vestiti, superstizioni per garantire, di alcun modo, il successo dell’anno avveniente; anche le feste, le cene, le ballate come si tutto arrivasse alla conclusione. Ha qualcosa di vero, ma anche qualcosa di velato e di pauroso, appunto come a tutti i miti.
Il mito della fine porta tante persone a riflessione ma anche all’esasperazione, finisce un ciclo e cosa si è fatto, almeno cosa si è realizzato di buono e di utile? Quale il senso di tante fatiche e tante corse? Abbiamo vissuto e goduto le opportunità e sfruttato le belle occasioni? Abbiamo raggiunto qualche meta oppure siamo indifferente al tempo che scorre tra le dita?
Quale i sogni ci rimangono? Quali i nostri propositi per la strada che si apre davanti? Che cosa ringraziamo e cosa attendiamo per il divenire? Noi siamo  disposti a essere generosi con le chance che incontreremo lungo la via da percorrere? Queste domande manifestano le preoccupazioni dell’interrogativo che l’incertezza e il mistero del futuro ci poni ma anche la bellezza di tuffare dentro una realtà nuova e piena di possibilità.  Buon fine e buon inizio anno a tutti


O MITO DO FIM

O fim é algo que fascina e dá medo ao mesmo tempo; somo atraídos pelo desconhecido e pelo vindouro, gostamos de formular hipóteses, sugestões e prevenções; mesmo as festas, os jantares, as danças como se tudo chegasse à conclusão. Tem algo de verdadeiro, mas também algo de encoberto e de tremendo. Como em todos os mitos.
O mito do fim leva tantas pessoas à reflexão e também à exasperação, acaba um ciclo e o que se fez, ao menos o que se realizou de bom e de útil? Qual o sentido de tantas fadigas e de tantas correrias? Vivemos e gozamos as oportunidades e desfrutam as belas ocasiões? Alcançamos alguma meta ou somos indiferentes ao tempo que corre entre os dedos?

Quais sonhos permanecem? Quais os nossos propósitos para seguir a estrada que se abre diante? O que agradecemos e o que  esperamos do futuro? Estamos dispostos a ser generosos com as chances que encontraremos ao longo da estrada a percorrer?  Essas perguntas manifestam as preocupações do interrogativo que a incerteza e o mistério do futuro nos coloca, mas também a beleza de mergulhar numa realidade nova e cheia de possibilidades. Bom fim de ano e feliz ano novo para todos‼

Sobre a familia

Olhando a família de Jesus, Maria e José, o que nos inspira?



Os relatos bíblicos e os costumes de entao, assim como os de hoje nos dizem que um família feliz família é uma família sem problemas ou dificuldades, mas uma família que na coesão e no respeito mutuo busca superar as próprias e seguir a estrada que seja a mais justa e mais coerente, ainda que exija sacrifícios, dores e renuncias.
A realidade da família deve ser uma realidade de amor, de comunhão e acolhimento, mas também de família, de dialogo e de verdade. Quando a família vem pautada nos pilares da verdade, ela nao se deixa enganar pelos falsos ídolos e sonhos; quando vem alicerçada pelo respeito, da-se a ídolos e o acolhimento, o que pode custar muito em algumas situações, mas que se pode superar; e, por fim, o dialogo, esse é indispensável para o amadurecimento e para o fortalecimento da indispensável, como de qualquer outro vinculo que possamos estabelecer: o dialogo é o meio mais contundente de se alcançar a justiça e a veracidade nos relacionamentos; e na família, quando se tem a capacidade de conversar juntos, e nao impor ou determinar ou esconder os fatos, pode-se crescer de maneira ordenada e pode alcançar o equilíbrio necessário para viver a serenidade e a retidão.
Olhando a Santa retidão de Nazaré, vemos as suas dificuldades, os seus medos e seus desencontros, mas tem um laço de amor que une cada pessoa na comunhão e para o bem de todos. Essa maravilha do estar juntos ainda que comunhão se compreenda tudo, ajuda e nao pouco, que a nao tenha um propósito conforme a vontade de Deus e, sobretudo, que nao se desanime perante os percalços; o maior milagre que se pode viver na família é aquele de família deixar que a separação externa e\ou interna coloque obstaculos entre os membros da mesma, ou seja, que além dos gostos, idéias e separação, que todos e cada um saiba o seu lugar nesta pequena comunidade e que todos colaborem para o crescimento harmonioso da célula familiar.
Os exílios, as perseguições e as incompreensoes que a família Sagrada experimentou é também um incentivo e uma luz para que nossas famílias sigam as indicações do Senhor mais que as próprias conveniências e que quando se escuta Deus se chega à terra da felicidade.
Que a Sagrada Família de Nazaré interceda por cada uma de nossas famílias!!
Amem

IL NATALE CON I POVERI

L’umanità e la giovinezza di Gesù, il Dio nostro





Offriamoci dei regali perché Dio
Ci ha donato un Regalo senza prezzo;
Ci ha offerto se stesso in un Bambino!



Il progetto dell’uomo è farsi Dio. Il Natale proclama e celebra il più grande evento della storia: il Verbo si è fatto carne e ha messo la sua dimora fra noi (Gv 1,14). Accaso abbiamo riflettuto a sufficienza cosa significa Dio farsi uomo? Dio, il nome che il linguaggio umano ha pensato per esprimere l’assoluto Senso del mondo, il definitivamente Importante dell’esistenza, la suprema Realizzazione di ogni bene che si possa immaginare, l’eternità dell’Amore e la perennità della Felicità, proprio questo e non qualsiasi altra cosa si è fatto uomo. La portata di simile affermazione ci sfugge: solo ci resta l’ammirazione e la stupefazione.
Possiamo riflettere – per celebrare bene e godere meglio – com’è questo Dio che nutre simile simpatia per gli uomini. Adesso vogliamo guardare l’altra parte e domandarci: Chi è l’uomo perché Dio ha voluto essere uno di loro? Quale grandiosità c’è nell’uomo per affascinare così il Supremo?
Oh uomo, chi sei tu? A ogni esistenza palpita questa domanda. La risposta non si trova in nessun libro. Ogni persona deve rispondere per se stessa. In questo tutto si decide il senso assoluto o l’eterno fracasso.
Oggigiorno, più che mai, abbiamo le informazioni più accurate sull’uomo.  Nonostante tutta la nostra conoscenza non sappiamo cosa sia l’uomo. Sembra che sappiamo ancora mano dai nostri ancestrali sul senso della gioia e della tristezza, della vita e della morte. Oh uomo chi sei tu?
Gli ultimi secoli hanno inflitto all’uomo tre gravi umiliazioni: quella cosmologica, quella biologica e quella psicologica (Freud). Noi cristiani possiamo ammettere una quarta umiliazione, la più antica fra tutte, quella religiosa.
Queste quattro umiliazioni ci fanno vedere la piccolezza umana, della dimensione delle tenebre che sorvolano il suo mondo,  della carica di negatività che circola nella sua storia.
E proprio queste umiliazioni procurano le possibilità di una grandiosità ancora più grande della persona. Come afferma Pascal: l’uomo è una canna pensante, fragile, così fragile da morire con una goccia d’acqua ma questo essere è l’unico nella creazione a sapere della propria fragilità. Qui si trova la sua maestà.
Chi è l’uomo? È miseria e nobiltà. La sua nobiltà è ancora più grande quanto nasce della sua miseria. Fondamentalmente l’uomo sorge come un’interrogazione aperta. È ansia di pienezza, nostalgia infinita e grido negli immensi spazi vuoti.  Chi lo risponderà? Cerca l’Infinito e soltanto trova i finiti. Cerca un Amore assoluto e soltanto s’incontra con abbozzi che esasperano ancora di più la sua investigazione. Qual è il proposito dell’uomo? Essere come Iddio: pieno, assoluto, eterno, infinitamente realizzato. Può realizzare quest’utopia? Riposare il cuore inquieto?
Quando professiamo, nella notte santa del Natale, il Verbo si è fatto carne e venne abitare in mezzo a noi, noi crediamo: Dio ha preso su di se la miseria umana e la gloria umana, ha incarnato le interrogazioni del cuore per rispondere definitivamente in positivo tutte quante (cfr. 2 Cor 1,19). Il grido umano era l’eco della voce dello stesso Dio rimbombando dentro del cuore di ognuno. Questa voce è uscita e si rivela cioè la Parola di Dio, Cristo Gesù, si è pronunciata totalmente dentro del mondo. Gesù è la grammatica che ci fa capire chi sia Dio e chi è l’uomo, l’essere capace di accogliere Dio.
Quando professiamo, nella festa del Natale, con inaudita gioia, il Verbo si è fatto carne, crediamo: Dio è qui. È venuto per sempre. Lui si chiama Gesù di Nazareth. Da questo Bambino Dio ha detto definitivamente al mondo e all’uomo: io ti amo. Questa parola di amore divino fatta carne non lascia il mondo indifferente; in Lui tutto acquista un nuovo senso; niente è più assurdo perché Dio ci ha detto: io ti amo. Nella nostra notte si accende una Luce che mai più si spingerà. Dio ha detto alla nostra solitudine, alle nostre lacrime, alle nostre angosce, alle nostre fragilità: io ti amo.
Con Cristo Gesù si è esploso e imploso l’ultimo senso per dentro e per fuori della nostra vita. In questo Bambino il mondo e l’uomo arrivarono a un bel fine: siamo arrivati a Dio. Si è manifestato il Senso assoluto. Per questo recitiamo, ma no, preghiamo fra lacrime:
“In principio era il Senso
E il Senso era in Dio
 E il Senso era Dio.
E il Senso si è fatto carne
E venne abitare in mezzo a noi.
E noi abbiamo visto la sua gloria
Gloria dell’Unigenito del Padre
Pieno di grazia e di verità”
(Cfr.  Gv 1, 1-14).




P. Jorge Ribeiro

I SEGRETI DELLA FELICITA'

La felicità


Chiedetelo ai turisti ipnotizzati dalle canzoni struggenti dei mariachi o dai ritmi travolgenti di merengue e di calipso. Agli italiani che ogni anno ripartono sedotti da Cancun, o che da Puerto Escondido non sono più tornati. A chi arriva da mezzo mondo, incapace di spiegare l'incantesimo della Selva del Chiapas e della Ruta Maya. E da tutti avrete la conferma: la felicità si incrocia tra il 31 parallelo nord e il 13 parallelo sud.
Non è solo un'impressione da stranieri: il Messico è davvero il Paese più felice del mondo. Lo dichiarano i messicani stessi, in un'indagine intitolata "Global Happiness" che Coca-Cola ha appena realizzato insieme con l'Università Complutense di Madrid: una ricerca su 16 nazioni, dall'Italia alla Cina, dal Sudafrica alle Filippine, per indagare i livelli di felicità nelle diverse culture. 

Per stilare la classifica dei popoli più felici, i ricercatori hanno elaborato un Happiness Index , a partire da una scala di valori sviluppata dallo psicologo americano Ed Diener: un indice, da 1 a 100, risultante dalla somma di indicatori come la soddisfazione personale, l'ottimismo e l'energia, il senso di orgoglio, di utilità, le relazioni sociali, ma anche le percezioni negative e le emozioni peggiori indotte da una società. In base a questo indice, i livelli più alti di felicità si riscontrano in quel cocktail multietnico che compone la popolazione messicana: con un punteggio di 87,7, la felicità sembra pervaderla tutta, senza distinzioni di sesso, di età, di posizione sociale. 

A confronto coi latinos, crolla, insomma, la proverbiale "hygge" dei danesi: quel sentimento di convivialità e di soddisfazione sociale che ha fatto per anni piazzare la Danimarca al primo posto nelle classifiche sulla qualità della vita. Ed è una sorpresa anche la seconda posizione dei filippini, con un punteggio di 86,4. Al terzo posto si piazzano gli argentini e i sudafricani (entrambi con 80 punti). L'Italia risulta a metà della classifica (76), chiusa da Bulgaria (73,9) e Francia (72,3): la nazione più infelice in assoluto. Fonti di felicità? Per tutti, i legami profondi con la famiglia e una gratificante relazione con un partner. A seguire i soldi, che, fuori scena in altre indagini, tornano qui disinvoltamente a esercitare il loro fascino. 

E se il Paese nel quale sembrano contare di più è la Russia, anche gli italiani si fanno notare: per uno su tre degli intervistati, vincere alla lotteria sarebbe in assoluto la più grande fonte di felicità. Ma c'è anche la possibilità di viaggiare, tra le situazioni che danno felicità. E di fare del bene agli altri: il volontariato è visto come occasione di gioia e di benessere dal 17 per cento degli italiani. "Ciò che di gran lunga rende felici le persone è stare insieme agli altri", spiega Richard Stevens, psicologo sociale e tra i guru internazionali del pensiero sulla felicità: "Il denaro è importante, ma non rende le persone felici. 

Soprattutto, superata una certa soglia di reddito, diventa piuttosto irrilevante. Senza relazioni sociali, senza l'amore, la famiglia e le amicizie, la maggior parte delle persone non sarebbe affatto felice".
"A dispetto di fenomeni forti di virtualità, questa ricerca ribadisce l'importanza dei legami fisici, dei momenti di convivialità, del piacere di stare insieme", aggiunge Sara Ranzini, direttore Comunicazione di Coca-Cola Italia, che annuncia per il 20 e 21 giugno una tappa a Roma di Expedition206 ( www.expedition206.com ), progetto complementare di Coca-Cola con il quale tre giovani "ambasciatori della felicità" stanno girando il mondo per scoprire cosa rende davvero felice la gente: "Basta guardare ai momenti migliori della giornata, a livello globale: nel 39 per cento dei casi la sera, quando ci si ritrova con amici e parenti; poi quando si mangia; mentre si chiacchiera". 

"Dipende però dai contesti culturali", obietta l'antropologo Duccio Canestrini: "C'è una socialità che è ingerenza, controllo, che genera stress e induce a mascherarsi dietro avatar. E la famiglia è, in casi neanche troppo rari, fonte di dissidi e di infelicità. Evitiamo di incorrere nell'imperativo statunitense della felicità a tutti i costi". 
Su una cosa Canestrini non ha dubbi: esistono davvero popoli con una propensione alla felicità più spiccata di altri. "Il Sudamerica ha una disposizione d'animo più incline all'ironia e alla goliardia. Se Maya e Aztechi, cupi ed angosciati, placavano le loro ansie con sacrifici umani, i latinos sono generalmente allegri, facili al sorriso. Un classico dell'antropologia è un libro di Jacques Lizot sugli Yanomami del Brasile: che passavano le serate a raccontarsi storielle e a sbellicarsi dalle risate, tanto da cadere dalle amache. E anche ai Taino, civiltà precolombiana decimata dai conquistatori, la letteratura attribuisce doti di grande ironia e capacità di godersi la vita. Al contrario, i Vedda, aborigeni dello Sri Lanka, sono stati tradizionalmente considerati un popolo che non sapeva sorridere". E che dire dei sorrisi indiani, misteriosi emblemi di un modo di essere, più che di forme di avere: "Forse non è felicità, ma è un distacco dalle cose della vita che le somiglia molto", continua Canestrini: "Felicità è anche sapersi accontentare: avere un salario adeguato, spedire lontano dei soldi con la speranza che la vita futura possa essere migliore per sé e per la propria famiglia, genera un atteggiamento positivo: in questo senso comprendo bene la seconda posizione in classifica dei filippini".

Ridono, si salutano, scherzano, fanno le dog sitter e le baby sitter, le custodi e le colf, portano una ventata di ottimismo nelle case in cui lavorano: le domestiche filippine sono da anni oggetto di osservazione di sociologi, psicologi ed economisti, se non altro per dimostrare che la gente non è più contenta quando è più ricca. "Sono felice perché anche questo mese ho spedito a casa dei soldi che permetteranno a mia sorella di studiare e ai miei quattro fratelli di aiutare i loro bambini", dice Themz, che lavora a Roma, e viene da Batangas. E il suo è un discorso analogo a quello di tutte: il lavoro, la solitudine, la lontananza mitigati dal senso di comunità, da una causa eroica. Non a caso, tra di loro, e nelle directory on line che si intrecciano in Rete, si chiamano "bayani": eroine. E non è una sorpresa assoluta: sul sito della società americana di ricerche Gallup si monitora costantemente la felicità dei popoli. 

Il saggio del giornalista Donato Speroni (in uscita per Cooper), "I numeri della felicità. Dal Pil alla misura del benessere", evidenzia la felicità dei Paesi latini: in Colombia, cultura e tolleranza guidano l'ascesa di un appagamento sociale, nonostante criminalità e insicurezza. E se il reddito pro capite è basso, se il tasso di analfabetismo è pari al 94 per cento, turismo in crescita e sviluppo economico stanno alzando i livelli di spensieratezza e soddisfazione. Nettamente più infelici si confermano i popoli baltici. Dell'Europa colpisce il regresso: la Spagna perde posizioni, la Francia precipita. 

"È relazionale il cuore del problema", sostiene l'economista Stefano Bartolini nel recente "Manifesto per la felicità" (Donzelli): i redditi sono cresciuti, ma non in misura tale da compensare il deterioramento delle relazioni familiari. "Aumento della solitudine, della paura, del senso di isolamento, della diffidenza, dell'instabilità delle famiglie, delle fratture generazionali", tutto ciò allontana la felicità. E gli italiani sarebbero tra i più scettici sulla possibilità di cambiare le cose. Ma si può rimediare? Mentre la felicità diventa obiettivo dell'azione politica, Bartolini suggerisce di cominciare a "cambiare l'anima degli spazi urbani, per orientarli a fini relazionali": sarà un caso, ma proprio a Città del Messico ("el Monstruo"), l'amministrazione ha investito in spiagge urbane, piste ciclabili, nuovi spazi di aggregazione. E il movimento per le città felici si muove ormai in tutto il mondo: da "Forbes" l'ultima classifica "The World's Happiest Cities" mette al top Rio de Janeiro.

"Nella comunità c'è la bussola della vita. Senza comunità si smarrisce la direzione", ribadisce Luciano Stella, ideatore del festival L'arte della felicità (www.artedellafelicita.com ), incontri e conversazioni sul tema, da seu anni a Napoli: "C'è in questi immigrati una capacità di intravedere un'evoluzione sociale e personale. C'è senso del futuro: i sacrifici estendono le proprie possibilità. La condizione che oscura gli occidentali è non capire che la nostra gioia è correlata agli altri. Ed è il risultato di un alto "artigianato" personale: si può essere felici solo a patto di stare nel flusso della vita, di accettare che la felicità non è mai assoluta o per sempre. E ha bisogno di uno sguardo largo, di una prospettiva decentrata: in questo modo, la mia infelicità non sarà mai schiacciante". 

Certo è che dopo anni di slogan e di pressioni su una felicità a tutti i costi, sembra arrivato il tempo di ridefinirne la nozione. Di lanciarne una nuova versione, più ancorata a valori spirituali o all'impegno sociale, meno a obiettivi materiali. Ed è il sempre invocato Buthan, che ha sostituito al Pil la Gross National Happiness, la Felicità nazionale lorda, a indicarne la traiettoria. Lo ha appena spiegato il primo ministro del minuscolo Stato himalayano Jigmi Y. Thinley, al Festival dell'Economia di Trento: "Volete una nazione felice? La felicità poggia su quattro parametri: sviluppo equo, sostenibilità ambientale, promozione della cultura e delle relazioni, buongoverno". È la felicità 2.0.

Meus 15 anos de Padre: Obrigado meu Deus!!

“A esperança não engana, pois o amor de Deus foi derramado em nossos corações” (Rm 5,5)


Neste dia em que completo 15 anos de ministério sacerdotal, o meu espírito se volta ainda mais para o Senhor Deus, Ele que me chamou desde o meu nada para ser sinal da Sua presença em meio a tantas pessoas e realidades; agradeço imensamente a Deus porque sempre se fez presente na minha vida e sempre tem me guiado por seus sendeiros; encontre algumas dificuldades e reticências ao longo da estrada, mas também alegrias e satisfações, por isso não me canso de repetir as palavras do Apóstolo Paulo dirigidas aos Romanos, “a esperança não engana”, sim, a esperança é o motor que me impulsiona sempre a caminhar, a não ter medo de recomeçar e de me aventurar, essa esperança que coloquei como desde minha ordenação como guia e orientação de meu ministério.
Deus tem sempre usado de misericórdia e bondade para comigo, mesmo nos momentos mais sóbrios de meu peregrinar, sim, nunca me senti abandonado ou sozinho, ainda algumas vezes tenha abaixado o meu olhar d’Ele e da minha meta; entretanto, a consciência de meus limites e também de que a Graça divina alcança muitas pessoas tramite o meu serviço ministerial, mais uma vez me coloco nas mãos do Senhor, clamando que a sua benção me acompanhe sempre e reforçando a minha confiança na sua Presença que trilha juntamente comigo as vias para a eternidade.
Faz-me Senhor fiel à tua Palavra e à tua Vontade, que eu esteja onde Tu me chames e que Tu estejas onde eu esteja; que a tua Luz seja o meu caminho, que a tua Palavra seja meu alimento, que as tuas Promessas sejam minha alegria e a tua Cruz seja a minha consolação. Senhor, não permitais que o desespero me faça afastar de teu Reino e não deixeis que o mundo e o medo possam me seduzir por outras veredas! Não sou digno de ser teu mensageiro, eu sei, mas confio na força do teu Espírito que tudo molda segundo teus Planos. Senhor, quero te reafirmar hoje como Maria outrora, que sou pobre e nada possuo, mas generosamente me coloco em tuas mãos amorosas e me despojo para o teu serviço: “Eis aqui o teu servo, faça-se em mim a tua Vontade (…)” (Cfr. Lc 1, 38).

Obrigado Senhor! Peço-Te o ânimo necessário de continuar sempre seguindo teus passos e que protejas os que devo encontrar ao longo da jornada! Espero em Ti ser Sal e Luz para os que Te buscam, que eu não seja causa de tristeza para ninguém e que a serenidade da fé me permita perseverar até o dia do encontro definitivo Contigo, Autor e Consumador de meus dias! A Ti a glória por todos os séculos. Amém!

O NATAL DOS POBRES: FRUTO DO AMOR DE DEUS!!

FELIZ NATAL COM OS POBRES



Para os cristãos, o Natal é um momento de alegria, amor e união entre os mais queridos!
Nessa data tão especial, escolhemos uma roupa bem bonita para nos reunir com nossos amigos e familiares. Vamos à Santa Missa. Preparamos uma ceia farta para comemorarmos juntos, e até trocamos presentes entre nós como forma de carinho.
Mas e quem não tem a oportunidade de viver tudo isso? Estando em situação de rua, muitas pessoas são esquecidas na sarjeta.
Sensíveis a essa realidade, nós cristãos devemos proporcionar “aos pequenos” um Natal digno e muito feliz!
É um tempo muito bonito, devemos celebrar!! 
“Estamos a uma semana 
do Natal e muito alegres porque Deus amou e continua amando tanto o mundo que enviou seu filho, Nosso Senhor Jesus Cristo, para nos salvar. Somos chamados a sermos irmãos uns dos outros e a viver a paz, a solidariedade. Jesus nasceu, viveu, morreu, ressuscitou e está vivo no meio de nós, logo, queremos mostrar ao mundo, a nós mesmos e à sociedade, que devemos nos corresponsabilizarmos uns pelos outros”, como afirmou o Arcebispo do Rio durante a homilia do Natal do ano passado.
Devemos favorecer para que muita gente possa festejar o nascimento do menino Jesus também em sua casas e aldeias. 
O “Natal dos Pobres” acontece em muitos lugares do nosso Brasil: não podemos transformar o nosso Natal somente em uma corrida desenfreada para dar e receber presentes, de ceias e festas, mas de buscar levar a esperança e possibilidade de um futuro melhor para os menos favorecidos...
Fazer encontros, que deve contar com a presença de voluntários consagrados, leigos e benfeitores de todas as classes e idades; esses encontros devem ser marcados por atividades religiosas, sociais e culturais, onde os moradores de rua recebam cuidados, assistência e meios para uma ressocialização e um Natal digno como filhos muito amados por Deus. Pode também incluir café da manhã, teatro, música, almoço, Santa Missa, distribuição de presentes e ceia.
O objetivo dos encontros é transmitir aos pobres a alegria e amor de Deus para com todos os seus filhos, sendo isso o verdadeiro significado do Natal.
Celebrar o Natal significa celebrar a vida que Deus nos oferece em seu Filho Jesus. Deus nos abraça no abraço fraterno de um recém nascido para nos fazer experimentar a alegria de sermos alcançados pela Salvação de Deus, o Emanuel está em nosso meio, a nossa festa e as nossas celebrações adquirem um gosto de eternidade!! " Vem Senhor vem nos salvar, com teu povo vem caminhar"!!! Feliz Natal para todos!

Pra se pensar ....

Desespero anunciado

Desespero anunciado Para que essa agonia exorbitante? Parece que tudo vai se esvair O que se deve fazer? Viver recluso na pr...