SANTA FAMIGLIA DI NAZARETH E ANCHE NOSTRA


Cos’è una famiglia?


 
 
 
 
 
 
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Da www.sicilyonbike.it
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(queste considerazioni sono riferite alla proposta di modifica costituzionale che sta portando avanti il senatore Lucio Malan, di cui do conto qui)
Nella comunità degli umani, la famiglia, nelle numerose e variabili forme in cui è stata intesa e composta nel corso dei millenni, assume da tempo immemorabile il ruolo di nucleo ed istituto sociale nel quale si cristallizza l’amore fra gli esseri umani. Alla famiglia che si forma nella società è riconosciuta una tutela più o meno intensa in funzione dei valori di una determinata collettività, della cultura da essa sviluppata e dalle regole che essa a deciso di darsi.
L’umanità, nel corso della sua esistenza ha sperimentato numerose concettualizzazioni dell’idea di famiglia e nella nostra epoca, contrariamente a quanto si possa pensare e nonostante i continui e ripetuti tentativi di “normalizzazione”, sono tuttora molte e variegate le forme che assume la famiglia come nucleo essenziale della società. Forme tutte meritevoli del rispetto che tributiamo alla cultura e al contesto sociale che le hanno elaborate ed adottate e tutte in qualche modo meritevoli di forme più o meno intense di tutela per le parti coinvolte (coniugi e figli).
La famiglia basata sul matrimonio di una coppia eterosessuale costituisce un modello forte che è arrivato ad assumere una dimensione planetaria, soprattutto in seguito alla sistematica opera di riduzione di modelli alternativi che ha sempre seguito le colonizzazioni dell’occidente oppure le grandi campagne di “omogeneizzazione sociale” condotte in paesi estranei all’occidente progredito e democratico, quali la Cina. Ma l’esistenza di un modello prevalente, non può indurre a ritenere che esso possa essere il solo modello degno di tutela, escludendo dall’ordinamento giuridico e dalla dovuta considerazione sociale tutte le altre forme in cui l’amore spinge gli uomini a riunirsi e a perseguire fini e progetti comuni. Un amore che si declina attraverso molteplici sfumature che vanno dalla solidarietà allo spirito di sacrificio, dall’affetto alla sessualità; circostanze e comportamenti non sempre tutti concomitanti e non necessariamente contemporaneamente presenti nello stesso ambito.
Provocate dalle inevitabili ed inarrestabili dinamiche evolutive delle società nelle quali l’equazione matrimonio=famiglia=coppia eterosessuale sopravvive da millenni, si pongono oggi nuove questioni che richiedono coraggiosi e decisi interventi volti ad allentare la rigidità del modello e a consentire di dare dignità e riconoscimento alle istanze di gruppi sociali che non trovano in esso una soluzione soddisfacente per assecondare i progetti di vita in comune dai quali la società stessa trova linfa vitale.
Decine di migliaia sono le coppie che vivono “come se fossero sposate”: famiglie alle quali nessuna dignità e nessuna tutela giuridica sono riconosciute. Corpi estranei all’ordinamento, queste famiglie “eterodosse” esistono e contribuiscono a costruire la società e a farla progredire: generano, educano ed allevano figli, lavorano e costituiscono esempi di solidarietà e di sostegno né più e né meno delle famiglie costituite con il matrimonio. Molte di queste “quasi famiglie” non fondate sul matrimonio, ma non meno “naturali” di quelle, sono formate da coppie di persone dello stesso sesso. Si tratta di persone che, grazie alla coscienza individuale e all’evoluzione della società, sentono, giustamente, che l’amore che fiorisce fra loro ha la stessa dignità di quello che unisce le più numerose coppie formate da persone di sesso diverso. E da questa semplice, quasi banale constatazione partono per maturare l’idea e la determinazione di unirsi e costituire una famiglia intesa nel senso comune del termine, usando tutte le forme e gli istituti che la società e l’ordinamento mettono a disposizione.
Peraltro, fermarsi all’idea che l’amore che unisce gli essere umani e li spinge alla vita in comune possa assumere solo la forma della famiglia, costituisce una schematizzazione poco convincente. La vita in comune, oltre alla forma della coppia, ha sempre costituito un elemento importante delle società e delle culture e ha spesso trovato sanzione e tutela nella costituzione di comunità monastiche e religiose, improntate alla sublimazione dell’amore umano e al sacrificio, basate su Regole di vita e di comportamento codificate e riconosciute da ordinamenti spirituali e secolari.
Fra la coppia e la comunità, si definisce uno spazio nel quale persone che condividono ideali, progetti, affetti e valori solidaristici, possono dar vita aformazioni para-familiari, anch’esse meritevoli di accettazione e di tutela in quanto libere scelte individuali di realizzazione della propria personalità o di partecipazione ad un progetto comune di affetto e solidarietà fra esseri umani.
Chi è interessato ad approfondire autonomamente gli spunti che emergono da queste considerazioni, possono leggere Contro Natura, Una lettera al papa di Francesco Remotti (Laterza)  e Il mito dell’amore fatale di Enrichetta Buchli (Baldini Castoldi Dalai) .

Che val la vita se non per essere data?



E’ difficile accostarsi ad un capolavoro perché lo stupore toglie le parole di bocca e uno vorrebbe essere capace di descrivere (e quindi de-limitare) qualcosa che deborda da tutte le parti.
L’Annuncio a Maria di P. Claudel è un capolavoro; appunto, “il più bel canto della cristianità” del 900, come è stato definito.
Ne esiste una ristampa recente della collana dei “Libri dello spirito cristiano” della BUR ed ha una affascinante presentazione di Mons. Luigi Giussani.
Ma credo che ognuno, leggendo questo dramma sacro scritto agli inizi del 900, finisca per identificarsi con uno dei personaggi, tanto essi sono essenziali e paradigmatici: Pietro di Craon, grande costruttore di cattedrali e genio che interpreta il cuore del suo popolo; Anna Vercors, l’anziano possidente che tutto sacrifica per andare in pellegrinaggio in Terra Santa per mendicare da Dio l’unità dei cristiani.; la dolcissima Violaine, sua giovane figlia, che umile e lieta abbraccia la vita con semplicità e fiducia pur dentro le più atroci contraddizioni, convinta che la positività della vita non sarà distrutta da esse; Giacomo, l’uomo giusto, che calcola tutto e perciò non riesce a percepire il mistero…
Non c’è una parola che non corrisponda a un’altra dopo, - dice don Giussani nell’introduzione - èbellezza senza fine”(…) “queste pagine contengono l’ideale di tutto”.Le pagine si inseguono col fascino strano e misterioso di frasi per comprendere le quali occorrono anni di meditazione e di impegno personale con la propria esperienza; e poi uno si accorge che quelle frasi non perdono mai freschezza e fascino: sono come verità preziose in cui uno non finisce mai di inoltrarsi…
Ne cito alcune.
“Forse che il fine della vita è vivere?(…) Non vivere ma morire e dare in letizia quel che abbiamo.Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!”Oppure:
“Siate uomo,Pietro. Siate degno della fiamma che vi consuma. E se bisogna essere divorati, sia ciò su un candelabro d’oro(…) per la Gloria di tutta la Chiesa.”
Ancora:
Santità non è farsi lapidare in terra di Paganìa o baciare in bocca un lebbroso, ma fare la volontà di Dio, con prontezza, si tratti di restare al nostro posto, o di salire più alto.”Ma l’espressione più toccante per me lettrice (e ognuno può trovarne tantissime) è questa:
“Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere data?Non mi soffermo oltre su questo piccolo capolavoro perché voglio lasciare al lettore il gusto di scoprirne i tesori.
Una raccomandazione: è importante leggere l’introduzione, poi il dramma e poi di nuovo l’introduzione perché aiuta a gustare meglio il tutto.

SANTO ESTEVAO: PRIMEIRO MARTIR DA IGREJA


Santo Estêvão

26 de Dezembro


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Santo EstêvãoNos capítulos 6 e 7 dos Atos dos Apóstolos encontramos um longo relato sobre o martírio de Estêvão, que é um dos sete primeiros Diáconos nomeados e ordenados pelos Apóstolos. Santo Estêvão é chamado de Protomártir, ou seja, ele foi o primeiro mártir de toda a história católica. O seu martírio ocorreu entre o ano 31 e 36 da era cristã. Eis a descrição, tirada do livro dos Atos dos Apóstolos:

"Estêvão, porém, cheio de graça e poder, fazia prodígios e grandes sinais entre o povo. Levantaram-se então alguns da sinagoga, chamados dos Libertos e dos Cirenenses e dos Alexandrinos, e dos da Cicília e da Ásia e começaram a discutir com Estêvão, e não puderam resistir à sabedoria e ao Espírito com que ele falava. Subornaram então alguns homens que disseram: 'Ouvimo-lo proferir palavras blasfematórias contra Moisés e contra Deus'. E amotinaram o povo e os Anciãos e Escribas e apoderaram-se dele e conduziram-no ao Sinédrio; e apresentaram falsas testemunhas que disseram: 'Este homem não cessa de proferir palavras contra o Lugar Santo e contra a Lei; pois, ouvimo-lo dizer que Jesus, o Nazareno, destruirá este Lugar e mudará os usos que Moisés nos legou'. E todos os que estavam sentados no Sinédrio, tendo fixado os olhares sobre ele, viram o seu rosto como o rosto de um anjo".

Num longo discurso, Estêvão evoca a história do povo de Israel, terminando com esta veemente apóstrofe:

"'Homens de cerviz dura, incircuncisos de coração e de ouvidos, resistis sempre ao Espírito Santo, vós sois como os vossos pais. Qual dos profetas não perseguiram os vossos pais, e mataram os que prediziam a vinda do Justo que vós agora traístes e assassinastes? Vós que recebestes a Lei promulgada pelo ministério dos anjos e não a guardastes'. Ao ouvirem estas palavras, exasperaram-se nos seus corações e rangiam os dentes contra ele. Mas ele, cheio do Espírito Santo, tendo os olhos fixos no céu, viu a glória de Deus e Jesus que estava à direita de Deus e disse: 'Vejo os céus abertos e o Filho do homem que está à direita de Deus'. E levantando um grande clamor, fecharam os olhos e, em conjunto, lançaram-se contra ele. E lançaram-no fora da cidade e apedrejaram-no. E as testemunhas depuseram os seus mantos aos pés de um jovem, chamado Saulo. E apedrejavam Estêvão que invocava Deus e dizia: 'Senhor Jesus, recebe o meu espírito'. Depois, tendo posto os joelhos em terra, gritou em voz alta: 'Senhor, não lhes contes este pecado'. E dizendo isto, adormeceu".

Santo Estêvão, rogai por nós!




Pra se pensar ....

Desespero anunciado

Desespero anunciado Para que essa agonia exorbitante? Parece que tudo vai se esvair O que se deve fazer? Viver recluso na pr...