SAN DOMENICO


Domenico di GuzmánDomingo o Domínico in spagnolo (Calaroga1170 – Bologna6 agosto 1221), fu il fondatore dell'Ordine dei Frati Predicatori ed è stato proclamato santo nel 1234.

Era figlio di Felice di Guzmán e di Giovanna d'Aza, di famiglia agiata, anche se non esistono testimonianze certe che discenda dalla nobile famiglia dei Guzmán.

Biografia [modifica]

Alla nascita venne battezzato con il nome del santo patrono dell'abbazia benedettina di San Domingo de Silos, situata a pochi chilometri a nord del suo paese natale. Inizialmente fu educato in famiglia, dallo zio materno, l'arciprete Gumiel de Izan, fu poi inviato, all'età di quattordici anni, a Palencia, dove frequentò corsi regolari di arti liberali e teologia, per dieci anni. Qui venne a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla carestia. Domenico, che nella pietà popolare cattolica è conosciuto per avere avuto sentimenti di compassione fin dall'età giovanile per la sofferenza altrui, durante una di tali carestie, forse intorno al1191, vendette quanto in suo possesso, incluse le sue preziose pergamene (un grande sacrificio in un'epoca in cui non era stata ancora inventata la stampa), per dare da mangiare ai poveri, affermando: "Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?"
Terminati gli studi, all'età di 24 anni, seguì la sua vocazione ed entrò tra i canonici regolari della cattedrale di Osma. Qui venne consacrato sacerdote dal vescovo Martino di Bazan, che stava riformando il capitolo secondo la regola agostiniana, con l'aiuto di Diego Acevedo. Diego fu eletto vescovo nel 1201, e nominò Domenico sottopriore; e quando il vescovo Diego, nel 1203, fu inviato in missione diplomatica in Danimarca dal re Alfonso VIII di Castiglia per prelevare ed accompagnare una principessa promessa sposa di un principe di Spagna, il sottopriore Domenico fu invitato ad accompagnare il vescovo Diego.
Il contatto vivo con i fedeli della Francia meridionale, dove era diffusa l'eresia dei càtari e l'entusiasmo delle cristianità nordiche per le imprese missionarie verso l'Est, costituirono per Diego e Domenico una rivelazione. Di ritorno da un secondo viaggio in Danimarca, scesero a Roma (1206) e chiesero al papa Innocenzo III di potersi dedicare all'evangelizzazione dei pagani. Ma Innocenzo III orientò il loro zelo missionario verso quella predicazione nella Francia meridionale, la regione dove erano più attivi i càtari, da lui ardentemente e autorevolmente promossa fin dal 1203. I due accettarono e, nel 1206, Diego e Domenico furono inviati missionari in Linguadoca e Domenico continuò anche quando si dissolse la legazione pontificia e anche dopo l'improvvisa morte di Diego (30 dicembre 1207).

La permanenza in Linguadoca [modifica]

TizianoSan Domenico di Guzmán, 1565 ca.
San Domenico rimase in Linguadoca, a Prouille, nel paese dei Catari, come missionario, per oltre dieci anni (1205-1216), collaborando con il vescovo di TolosaFolchetto di Marsiglia e come legato papale cercò sempre di convertire gli eretici, con semplici riconciliazioni. Solo una volta Domenico è citato tra coloro che assistevano al rogo degli eretici.[2] La sua attività di apostolato era imperniata su dibattiti pubblici, colloqui personali, trattative, predicazione, opera di persuasione, preghiera e penitenza, appoggiato in questa sua opera da Folchetto di Marsiglia, che lo nominò predicatore della sua diocesi.
San Domenico inoltre si convinse immediatamente che bisognava anche dare l'esempio e vivere in umiltà e povertà come gli albigesi e pian piano maturò anche l'idea di un ordine religioso.[3] Iniziò con l'istituzione di una comunità femminile che accoglieva donne che avevano abbandonato il catarismo e questa comunità di religiose domenicane esiste ancora oggi.[4] A Domenico si avvicinavano anche uomini, ma questi resistevano poco al rigoroso stile di vita da lui preteso per testimoniare con l'esempio la fede cattolica tra i càtari. Alla fine però riuscì a riunire un certo numero di uomini idonei e motivati che condividevano i suoi stessi ideali, istituendo un primo nucleo stabile ed organizzato di predicatori.
Nel 1209, in occasione dei massacri compiuti dai Crociati (particolarmente feroce fu quello compiuto dopo la conquista di Béziers), che non badarono all'età e al sesso e, nella loro furia, arrivarono a colpire perfino i cattolici, Domenico si distinse nel biasimare severamente tali azioni scellerate.

L'apparizione della Madonna e la consegna del rosario [modifica]

quadro della Madonna del Rosario di Pompei che raffigura la consegna del Rosario a San Domenico
Nel 1212 San Domenico, durante la sua permanenza a Tolosa, dal racconto del beato Alano della Rupe, ebbe una visione della Vergine Maria e la consegna del rosario, come richiesta ad una sua preghiera per combattere l'eresia albigese senza violenza. Da allora il rosariodivenne la preghiera più diffusa per combattere le eresie e nel tempo una delle più tradizionali preghiere cattoliche. Secondo il racconto del Beato Alano della Rupe, nel 1213-1214 San Domenico, mentre predicava in Spagna con il suo Confratello Fra Bernardo, venne rapito dai pirati. La notte dell'Annunciazione di Maria Santissima una tempesta stava facendo naufragare la nave su cui si trovavano con i pirati, quando la Madonna disse a San Domenico che l'unica salvezza dalla morte certa per l'equipaggio era dire sì alla sua Confraternita del Rosario. Essi accettarono e il mare si calmò: secondo questo racconto furono dunque i pirati i primi membri della Casa di Maria che è la Confraternita.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Crociata albigese.
In occasione di un viaggio a Roma, nell'ottobre 1215, per accompagnare il vescovo Folchetto, che doveva partecipare al Concilio Laterano IV, Domenico avanzò la proposta a papa Innocenzo III di un nuovo ordine monastico dedicato alla predicazione. Egli trovò grande disponibilità nel Papa che l'approvò verbalmente. Ma seguindo i canoni conciliari, da lui stesso promulgati (Conc. Laterano IV can. 13), disse per non fare una nuova regola, ma prendere alcuna già aprovata (Benedetto, Basilio, Agostino).
Nel 1215 Domenico, per i suoi seguaci, prima ricevette in dono la casa in Tolosa di Pietro Cellani, divenuto anche lui predicatore, poi ricevette da Simone IV di Montfort il castello di Cassanel. Domenico non prendeva parte nella Crociata, ma metteva nei suoi compiti la conversione degli eretici. Seguendo il consiglio di papa Innocenzo III, con i suoi sedici seguaci scelse la regola di Sant'Agostino, ma con delle "Costituzione" adatte al suo particolare apostolato della parole e dell'esempio.

Fondazione dell'ordine dei Frati Predicatori [modifica]

La cappella di San Domenico, nellaBasilica di San Domenico (Bologna)
Il 22 dicembre 1216 papa Onorio III diede l'approvazione ufficiale e definitiva all'ordine fondato da Domenico. Ottenuto il riconoscimento ufficiale, l'ordine crebbe e, già dal 1217, fu in condizione di inviare monaci un po' in tutt'Europa, soprattutto nella penisola iberica e nei principali centri universitari del tempo, a Parigi[5] e a Bologna, dove si recò egli stesso. Subito incontrarono opposizioni da parte dei vescovi locali, che furono superate dalla bolla papale dell'11 febbraio del 1218, che ordinava a tutti i prelati di dare assistenza ai domenicani.
A Bologna, l'eloquenza di Reginaldo d'Orléans a favore del nuovo ordine stimolò un notevole e vasto sostegno ai seguaci di Domenico Guzmàn, che ricevettero notevoli donazioni; Reginaldo avrebbe voluto accettare, ma Domenico le rifiutò, perché desiderava che i suoi confratelli non avessero proprietà e vivessero di elemosina.
Nel 1220 e nel 1221 Domenico presiedette personalmente in Bologna ai primi due Capitoli Generali destinati a redigere la magna carta ed a precisare gli elementi fondamentali dell'Ordine:
  1. predicazione,
  2. studio,
  3. povertà mendicante,
  4. vita comune,
  5. legislazione,
  6. distribuzione geografica,
  7. spedizioni missionarie.
Sfinito dal lavoro apostolico (stava preparando una missione in Cumania e per questo studiava la lingua di quel popolo) ed estenuato dalle grandi penitenze, Domenico morì il 6 agosto 1221, nel suo amatissimo convento di Bologna (Basilica di San Domenico), in una cella non sua, perché lui, il fondatore, non l'aveva, circondato dai suoi frati, a cui rivolgeva l'esortazione «ad avere carità, a custodire l'umiltà e a possedere una volontaria povertà».

Culto [modifica]

Papa Gregorio IX canonizzò Domenico il 13 luglio 1234. Attualmente è celebrato il giorno 8 agosto.
Il suo corpo, dal 5 giugno 1267, è custodito in una preziosa arca marmorea, presso l'omonima basilica in Bologna.
L'Arca di San Domenico
Roma, nel chiostro del convento di Santa Sabina all'Aventino, è presente una pianta di arancio dolce che secondo la tradizione domenicana, san Domenico portò dalla Spagna. La notorietà delle numerose leggende miracolistiche legate alle sue intercessioni fecero accorrere al suo sepolcro fedeli da ogni parte d'Italia e d'Europa, mentre i fedeli bolognesi lo proclamarono «Patrono e Difensore perpetuo della città».
In occasione del VII centenario della morte il 29 giugno 1921 papa Benedetto XV dedicò alla figura di san Domenico l'enciclica Fausto Appetente Die.
Nel 1963Soeur Sourire, la cantante monaca domenicana belga, raggiunse il primo posto nella classifica delle hit parade degli Stati Uniticon la canzone su san Domenico, Dominique.

Albert Camus

Albert Camus (1913-1960) è stato un importante esponente dell'esistenzialismo francese. Nato a Mondovi (Algeria) il 7 novembre 1913, sostenitore della resistenza anti-nazista, nell'immediato dopoguerra ha avuto un intenso vincolo di amicizia con Sartre, poi interrotto per ragioni politiche: se infatti Sartre era un convinto filo-comunista, Camus, invece, si attestò sulla linea dell'anti-comunismo. Camus, ancor prima che filosofo, è stato scrittore, con una vocazione artistico-letteraria forse più genuina e intensa di quella di Sartre (entrambi, comunque, sono stati insigniti del premio Nobel per la letteratura). I suoi testi narrativi contengono però molti motivi filosoficamente rilevanti: dei testi narrativi meritano di essere ricordati Lo straniero (1942), La peste (1947), La caduta (1956), L'esilio e il regno (1957), mentre di quelli teatrali è doveroso citare Il malinteso (1944), Caligola (1944), Lo stato d'assedio (1948), I giusti (1950). In Lo straniero , considerato unanimemente uno dei capolavori della letteratura novecentesca, Camus dà voce ad alcuni dei temi più caratteristici dell'esistenzialismo nella sua versione tragica e "negativa". Il breve romanzo esprime in modo difficilmente dimenticabile l'incolmabile distanza, anzi (come suggerisce il titolo) la vera e propria "estraneità" che separa l'uomo dal mondo. La realtà per Camus non ha alcun senso; gli eventi accadono, avvengono senza che il pensiero possa coglierne motivi e significati plausibili: ecco allora che l'uomo, con il suo pensiero, si trova ad essere straniero nel mondo. Però anche gli atti e i comportamenti umani non riescono a esibire una razionalità in grado di giustificarli, o almeno di giustificarli. Come accade al protagonista de Lo straniero , si può anche uccidere senza saper dire perché lo si è fatto. Protagonista del libro è Meursault, un impiegato di Algeri, che vive in uno stato di atonia, di totale indifferenza e di estraneità rispetto alla vita. Giuntagli la notizia della morte della madre, si reca senza commozione ai funerali, poi fa all'amore con una ragazza, infine passa la domenica osservando con inerte distacco ciò che gli si svolge attorno. Dopo una lite con due arabi incontrati per caso e un nuovo scontro con loro, minacciato con il coltello, accecato dal sole, ne uccide uno con un colpo di pistola, senza sapere ciò che sta facendo. Poi, senza ragione, spara altre quattro volte sul cadavere. Processato, Meursault viene condannato a morte, senza reazione alcuna da parte sua: si limita ad assistere passivamente al proprio processo. In attesa della morte, ha uno scontro con il cappellano, al quale manifesta la propria totale estraneità ai significati religiosi dell'esistenza: gli resta poco tempo da vivere e non vuole sprecarlo con Dio. Poi si acquieta accettando serenamente il proprio assurdo destino. Nel saggio Il mito di Sisifo (1942), sottolineato significativamente Saggio sull'assurdo , Camus esprime in modo più diretto le sue posizioni teoriche. Il punto di partenza è costituito da un'analisi di quello che viene definito " l'unico problema filosofico veramente serio ": il suicidio. Dice Camus: " C'è un solo problema filosofico veramente serio: il suicidio. Giudicare se la vita vale o non vale la pena di essere vissuta significa rispondere alla questione fondamentale della filosofia. " Esso rappresenta per lo scrittore francese una situazione limite dell'essere e dell'agire dell'uomo, che obbliga quest'ultimo a porsi domande radicali sul senso della vita e sul nostro atteggiamento dinanzi ad essa. La tesi di fondo di Camus è che gli argomenti etico-religiosi e sociali tradizionalmente invocati contro il suicidio non valgono. In effetti, la vita non ha valore intrinseco, e la realtà " è senza ragione " ; il tempo corrode l'individuo e le sue opere, e la morte è comunque l'esito che attende ogni creatura. Impegnarsi in opere e iniziative pratiche ricorda davvero la vicenda di Sisifo, il mitico personaggio condannato dal destino a sospingere in cima ad un monte un macigno, che poi ogni volta ricade giù, obbligando Sisifo a ripetere inutilmente il suo sforzo. Come già era stato detto in Lo straniero , la dimensione costitutiva e più peculiare dell'esistenza umana è l'assurdità: l'assurdità nel duplice senso che le cose e gli eventi non hanno senso, e che gli atti umani sono sempre inadeguati sia rispetto alle possibilità e ai desideri, sia rispetto al contesto mondano entro il quale vengono compiuti. " L'assurdo è un peccato senza Dio ", dice a tal proposito Camus, in modo molto eloquente, ribadendo l'assurdità della vita per cui " tutto ciò che esalta la vita ne accresce, nello stesso tempo, l'assurdità ". E nonostante ciò che Camus afferma in Il mito di Sisifo , egli condanna il suicidio: esso gli appare (non diversamente dalla speranza religiosa) una sorta di evasione rispetto all'assurdo della vita. La giusta risposta di fronte a tale assurdo è la non-rassegnazione, anzi la rivolta (uno dei concetti-chiave della filosofia di Camus). Contro l'insensatezza del mondo l'uomo può e deve avere il coraggio di reagire levando alta la sua voce, la sua protesta, la sua prospettiva donatrice di senso (sia pure di un senso non assoluto). Si tratterà, certo, di una testimonianza infondata, in quanto non può invocare ragioni e implicazioni oggettive a proprio sostegno. Ma questo, a ben guardare, non fa che aumentare il valore, la dignità della rivolta umana. Altri due testi (il romanzo La peste e la raccolta di saggi intitolata proprio L'uomo in rivolta, 1951) svilupperanno in più modi le tesi in qualche misura positive ( "Nella profondità dell'inverno, ho imparato alla fine che dentro di me c'è un'estate invincibile ") affiorate nel Mito di Sisifo . Poiché la vita è assurda e priva di significato, essa appare come un'inutile fatica di Sisifo. Quando se ne prende coscienza, si può vivere solo come stranieri, estranei all'esistenza. Accade appunto questo al protagonista del romanzo Lo straniero ; L'uomo in rivolta , invece, esprime la necessità di rivolta contro l'insensatezza: solo ribellandosi, l'esistenza può acquistare un suo significato. La peste simboleggia invece i flagelli che colpiscono l'umanità (il riferimento è al nazismo): nell'assurdità dell'esistenza, non resta che la ribellione all'insensato di chi si impegna ricercando la solidarietà coi propri simili. In La peste Camus oltrepassa l'individualismo assoluto e senza blocchi che aveva ispirato Lo straniero e afferma la realtà di una dimensione ulteriore e diversa: la dimensione della socialità e della solidarietà umana. Questa è la trama de La peste : la città di Orano è colpita da un'epidemia inesorabile e tremenda, preannunciata da una grande moria di topi. Isolata con un cordone sanitario dal resto del mondo, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da esperimento per le passioni di un'umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l'edonismo di chi non crede nelle astrazioni, ma neppure è capace di " essere felice da solo ", il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l'indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l'egoismo gretto gli alleati del mondo. Tra i personaggi principali il dottor Rieux, il medico che, al di fuori di ogni opzione politica o religiosa, trova nell' esercizio della sua professione la giustificazione del suo esistere. Si realizza nella lotta per strappare alla morte i suoi malati e si ribella contro l' assurdo della morte che non può accettare come espiazione, come gli suggerisce il gesuita Paneloux. Il gesuita stesso, sconvolto dalla crudeltà degli avvenimenti, a un certo punto metterà in dubbio la validità della massima "sia fatta la tua volontà". Tarrou, l' uomo che, dopo un passato ricco di esperienze, si ribella alla società costituita e, volontario dei servizi sanitari per combattere l' epidemia, ne muore quando questa è stata pressoché debellata. Rambert, giornalista straniero per caso nella città, che cerca con ogni mezzo di andarsene, ma resta infine perché capisce che un uomo non può abbandonare altri uomini che soffrono. La lotta contro il male è l' argomento di questa cronaca, che alla fine il lettore apprende essere opera del dottor Rieux. La peste sarà vinta, ma sul male che essa rappresenta non ci possono essere vittorie definitive. Un dramma collettivo dunque (la peste si riveste di un evidente significato simbolico) spinge i protagonisti del romanzo a cogliere i valori connessi all'esistenza umana in quanto tale: " vi sono negli uomini più cose da ammirare che da disprezzare ". E questi valori sono tanto più sostanziali e profondi quando si riferiscono all'essere umano come "l'altro", come "il prossimo": sollecitato da una situazione esterna avversa, l'uomo scopre di essere accomunato agli altri uomini dall'esistenza di sentimenti e aspirazioni simili- a cominciare dal desiderio di reagire alla disperazione e alla morte. Nell' Uomo in rivolta Camus approfondisce la figura teorica che gli era divenuta più cara: quella, appunto di rivolta. Se in Il mito di Sisifo il principio della rivolta era stato affermato in una prospettiva in qualche modo solipsistica (la rivolta vista come l'unico modo valido per rispondere e reagire alla questione del suicidio), ora lo stesso principio viene interpretato in chiave inter-individuale e sociale (se non addirittura politica). L'uomo si deve rivoltare per combattere il male nel mondo: l'ingiustizia, l'intolleranza, l'oppressione, la morte dell'uomo provocata dall'uomo, argomento questo particolarmente caro a Camus, visto che egli lo approfondì nel 1957 inRiflessioni sulla pena capitale , in cui conduceva una vera e propria campagna contro la pena di morte: " Invece di uccidere e morire per diventare quello che non siamo, dovremo vivere e lasciare vivere per creare quello che realmente siamo. " Nelle pagine camusiane la rivolta diviene a poco a poco il fondamento di un esistenzialismo positivo, di carattere marcatamente morale, e perfino il presupposto di una nuova interpretazione (non intellettualistica, non cartesiana) dell'essere umano: " io mi rivolto, dunque noi siamo ", dice Camus riprendendo e stravolgendo il motto cartesiano del cogito ergo sum .

PAPA PAOLO VI


 
1963-1978
Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini nasceu em 26 de setembro de 1897 em Concesio (Lombardia), de uma abastada família da classe alta. Seu pai era um advogado não-praticante virou editor e um corajoso promotor de acção social. Giovanni era uma criança frágil, mas inteligente, que recebeu o seu início a partir da educação jesuítas perto de sua casa, em Brescia. Mesmo após a entrada no seminário (1916) ele foi autorizado a viver em casa por causa de sua saúde. Após sua ordenação, em 1920 ele foi enviado a Roma para estudar na Universidade Gregoriana e na Universidade de Roma, mas em 1922 ele transferiu para a Accademia dei Nobili Ecclesiastici continuando a sua diplomacia para estudar direito canónico estudos na Gregoriana. Em 1923 ele foi enviado para Varsóvia como adido da nunciatura, mas foi lembrada a Roma (1924), devido ao efeito da gravidade polaco invernos sobre sua saúde, e atribuiu ao escritório da Secretaria de Estado onde permaneceu durante os próximos trinta anos. Para além do ensino na Accademia dei Nobili Ecclesiastici foi nomeado capelão para a Federação dos Estudantes italiano Universidade Católica (FUCI), uma missão que estava a ter um efeito decisivo sobre suas relações com os fundadores do pós-guerra Partido Democrata-Cristão.
Em 1937 foi nomeado substituto para assuntos ordinárias sob o Cardeal Pacelli, o secretário de Estado, e que o acompanhavam em Budapeste (1938) para o Congresso Eucarístico Internacional. Pacelli sobre a eleição como Papa Pio XII, em 1939, Montini foi reafirmada na sua posição no âmbito do novo secretário de Estado, Cardeal Luigi Maglione. Quando este último morreu em 1944, Montini continuou a assumir o seu gabinete diretamente sob o papa. Durante a II Guerra Mundial, foi responsável pela organização do extenso trabalho e alívio dos cuidados de refugiados políticos.
No consistório secreto de 1952 Pope Pius XII anunciou que havia intenção de levantar Montini e Domenico Tardini para o Colégio Sagrado, mas que tinham tanto pediu para ser dispensado de aceitar. Em vez disso ele conferidos em ambos os instrumentos, o título do prosecretary do estado. No ano seguinte, Montini foi nomeado arcebispo de Milão, mas ainda sem o título cardeal cf. Ele tomou posse de seu novo Veja em 5 de janeiro de 1955 e logo fez-se conhecido como o “o arcebispo de trabalhadores.” Ele revitalizou toda a diocese, pregou a mensagem social do Evangelho, trabalhou para reconquistar a classe palpitante, promovida em todos os níveis da educação católica, e apoiou a imprensa católica. Seu impacto sobre a cidade neste momento foi tão grande que ele atraiu atenção em todo o mundo. No conclave de 1958 o seu nome era freqüentemente mencionados, e pelo Papa John’s primeiro consistório em dezembro do mesmo ano ele foi um dos 23 prelados levantadas ao cardinalate com o nome dele lidera a lista. Sua resposta ao convite à apresentação de um Conselho foi imediata e mesmo antes de o conheci ele foi identificado como um forte defensor do princípio da colegialidade. Foi nomeado para a Comissão Preparatória para a Central Vaticano II e também à Comissão Técnico-Organizacional.
Em caso de morte de Pope John XXIII, Montini foi eleito 21 de junho de 1963 para sucedê-lo. Em sua primeira mensagem para o mundo, ele comprometeu-se a uma continuação do trabalho iniciado por João XXIII. Ao longo de seu pontificado a tensão existente entre a primazia papal e da colegialidade do episcopado foi uma fonte de conflito. Em 14 de setembro de 1965 ele anunciou a criação do Sínodo dos Bispos para a chamada pelo Conselho pais, mas algumas questões que parecia adequado para discussão pelo sínodo foram reservados para ele próprio. Celibato, removido do debate da quarta sessão do Conselho, foi feito o assunto de uma encíclica, 24 de junho de 1967); a regulamentação do parto foi tratado na Humanae vitae 24 de julho de 1968), sua última encíclica. As controvérsias sobre estes dois pronunciamentos tendiam a ensombrar os últimos anos de seu pontificado.
O Papa Paulo tivessem um unaccountably prima pobre e sua imagem pública sofrida por comparação com a sua predecessora saídos e jovial. Aqueles que o conhecem melhor, porém, descrevem-no como um homem brilhante, profundamente espiritual, humilde, gentil e reservado, um homem de “cortesia infinito.” Ele foi um dos papas mais viajou na história e na primeira visita de cinco continentes. Sua notável corpus de pensamento deve ser procurado nos seus muitos endereços e ofícios, assim como em suas grandes pronunciamentos. Sua conclusão bem sucedida do Concílio Vaticano II deixou a sua marca na história da Igreja, mas também irá gravar a sua história rigorosa reforma da cúria romana, o seu bem-recebida endereço para a ONU em 1965, sua Carta Encíclica Populorum Progressio (1967), seu segundo grande sociais carta Octogesima adveniens (1971)-o primeiro a demonstrar uma consciência de muitos problemas que só recentemente foram trazidas à luz, e sua Exortação Apostólica Evangelii nuntiandi, o seu último grande pronunciamento que também tocou na questão central da concepção justa de libertação e de salvação.
Papa Paulo Vl, o papa peregrino, falecido em 6 de agosto de 1978, a festa da Transfiguração. Ele pediu que seu funeral seja simples, sem carro fúnebre e nenhum monumento sobre o seu túmulo.

Pra se pensar ....

Desespero anunciado

Desespero anunciado Para que essa agonia exorbitante? Parece que tudo vai se esvair O que se deve fazer? Viver recluso na pr...