ASCENSIONE: ESALTAZIONE E SOGNO!


Ascensione: Esaltazione & Sogno!





Camminando verso la felicità o forse per il Cielo!
Desiderio di realizzazione e di completezza!
Presente e futuro si mescolano in un’unica direzione!
Speranza e sogno si confondono con la realtà vissuta!
Destino quotidiano nelle mani di una possibilità aperta!
Guardare oltre l’orizzonte e non stancarsi mai di seguire!
Via nuova che non marcisce con i fanghi della storia!
L’Essere Vivente: in Lui ho posto il perché della mia giornata!
Affrettare per entrare nel cuore: terreno di fiducia e di eternità!
Esistenza terrena: frantumata e piena di attese!
Tempo che fuggi: tempo dell’uomo e tempo di Dio!
Ascensione del Figlio: progetto di chi credi!
Gioia di essere insieme: casa di tutti, dimora dei giusti, regno del Signore!


P. Jorge Ribeiro
Ascensione del Signor Gesù
Italia: 2013

Vieni Spirito di Dio

VIENI, SPIRITO DI AMORE E DI PACE!
Preghiera del Papa Giovanni Paolo II per il secondo anno di preparazione al Grande Giubileo del 2000



Spirito Santo, ospite dolcissimo dei cuori,
svela a noi il senso profondo del Grande Giubileo
e disponi il nostro animo a celebrarlo con fede,
nella speranza che non delude,
nella carità che non attende contraccambio.

Spirito di verità, che scruti la profondità di Dio,
memoria e profezia della Chiesa,
conduci l'umanità a riconoscere in Gesù di Nazareth
il Signore della gloria, il Salvatore del mondo,
il supremo compimento della storia.

Vieni, Spirito di amore e di pace!

Spirito creatore, arcano artefice del Regno,
con la forza dei tuoi santi doni guida la Chiesa
a varcare con coraggio la soglia del nuovo millennio,
per portare alle generazioni che verranno
la luce della Parola che salva.

Spirito di santità, soffio divino che muove il cosmo,
vieni e rinnova il volto della terra.
Suscita nei cristiani il desiderio dell'unità piena,
per essere efficacemente nel mondo segno e strumento
dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano.

Vieni, Spirito di amore e di pace!

Spirito di comunione, anima e sostegno della Chiesa,
fa' che la ricchezza di carismi e ministeri
contribuisca all'unità del Corpo di Cristo;
fa' che laici, consacrati e ministri ordinati
concorrano insieme ad edificare l'unico Regno di Dio.

Spirito di consolazione, sorgente inesauribile di gioia e di pace,
suscita solidarietà verso chi è nel bisogno,
provvedi agli infermi il necessario conforto,
infondi in chi è provato fiducia e speranza,
ravviva in tutti l'impegno per un futuro migliore.

Vieni, Spirito di amore e di pace!

Spirito di sapienza, che tocchi le menti e i cuori,
orienta il cammino della scienza e della tecnica
al servizio della vita, della giustizia, della pace.
Rendi fecondo il dialogo con chi appartiene ad altre religioni,
fa' che le diverse culture si aprano ai valori del Vangelo.

Spirito di vita, per la cui opera il Verbo si è fatto carne
nel seno della Vergine , donna del silenzio e dell'ascolto,
rendici docili ai suggerimenti del tuo amore,
e pronti sempre ad accogliere i segni dei tempi
che Tu poni sulle vie della storia.

Vieni, Spirito d'amore e di pace!

A Te, Spirito d'amore,
con il Padre onnipotente e Figlio unigenito,
sia lode, onore e gloria
nei secoli senza fine. Amen

CHI E' LO SPIRITO?

PAPA FRANCESCO:




Ma chi è lo Spirito Santo? Nel Credo noi professiamo con fede: «Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita». La prima verità a cui aderiamo nel Credo è che lo Spirito Santo èKýrios, Signore. Ciò significa che Egli è veramente Dio come lo sono il Padre e il Figlio, oggetto, da parte nostra, dello stesso atto di adorazione e di glorificazione che rivolgiamo al Padre e al Figlio. Lo Spirito Santo, infatti, è la terza Persona della Santissima Trinità; è il grande dono del Cristo Risorto che apre la nostra mente e il nostro cuore alla fede in Gesù come il Figlio inviato dal Padre e che ci guida all’amicizia, alla comunione con Dio.
Ma vorrei soffermarmi soprattutto sul fatto che lo Spirito Santo è la sorgente inesauribile della vita di Dio in noi. L’uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi desidera una vita piena e bella, giusta e buona, una vita che non sia minacciata dalla morte, ma che possa maturare e crescere fino alla sua pienezza. L’uomo è come un viandante che, attraversando i deserti della vita, ha sete di un’acqua viva, zampillante e fresca, capace di dissetare in profondità il suo desiderio profondo di luce, di amore, di bellezza e di pace. Tutti sentiamo questo desiderio! E Gesù ci dona quest’acqua viva: essa è lo Spirito Santo, che procede dal Padre e che Gesù riversa nei nostri cuori. «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza», ci dice Gesù (Gv 10,10).
Gesù promette alla Samaritana di donare un’“acqua viva”, con sovrabbondanza e per sempre, a tutti coloro che lo riconoscono come il Figlio inviato dal Padre per salvarci (cfr Gv 4, 5-26; 3,17). Gesù è venuto a donarci quest’“acqua viva” che è lo Spirito Santo, perché la nostra vita sia guidata da Dio, sia animata da Dio, sia nutrita da Dio. Quando noi diciamo che il cristiano è un uomo spirituale intendiamo proprio questo: il cristiano è una persona che pensa e agisce secondo Dio, secondo lo Spirito Santo. Ma mi faccio una domanda: e noi, pensiamo secondo Dio? Agiamo secondo Dio? O ci lasciamo guidare da tante altre cose che non sono propriamente Dio? Ciascuno di noi deve rispondere a questo nel profondo del suo cuore.
A questo punto possiamo chiederci: perché quest’acqua può dissetarci sino in fondo? Noi sappiamo che l’acqua è essenziale per la vita; senz’acqua si muore; essa disseta, lava, rende feconda la terra. Nella Lettera ai Romani troviamo questa espressione: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (5,5). L’“acqua viva”, lo Spirito Santo, Dono del Risorto che prende dimora in noi, ci purifica, ci illumina, ci rinnova, ci trasforma perché ci rende partecipi della vita stessa di Dio che è Amore. Per questo, l’Apostolo Paolo afferma che la vita del cristiano è animata dallo Spirito e dai suoi frutti, che sono «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22-23). Lo Spirito Santo ci introduce nella vita divina come “figli nel Figlio Unigenito”. In un altro passo della Lettera ai Romani, che abbiamo ricordato più volte, san Paolo lo sintetizza con queste parole: «Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi… avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo “Abbà! Padre!”. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (8,14-17). Questo è il dono prezioso che lo Spirito Santo porta nei nostri cuori: la vita stessa di Dio, vita di veri figli, un rapporto di confidenza, di libertà e di fiducia nell’amore e nella misericordia di Dio, che ha come effetto anche uno sguardo nuovo verso gli altri, vicini e lontani, visti sempre come fratelli e sorelle in Gesù da rispettare e da amare. Lo Spirito Santo ci insegna a guardare con gli occhi di Cristo, a vivere la vita come l’ha vissuta Cristo, a comprendere la vita come l’ha compresa Cristo. Ecco perché l’acqua viva che è lo Spirito Santo disseta la nostra vita, perché ci dice che siamo amati da Dio come figli, che possiamo amare Dio come suoi figli e che con la sua grazia possiamo vivere da figli di Dio, come Gesù. E noi, ascoltiamo lo Spirito Santo? Cosa ci dice lo Spirito Santo? Dice: Dio ti ama. Ci dice questo. Dio ti ama, Dio ti vuole bene. Noi amiamo veramente Dio e gli altri, come Gesù? Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, lasciamo che Lui ci parli al cuore e ci dica questo: che Dio è amore, che Dio ci aspetta, che Dio è il Padre, ci ama come vero Papà, ci ama veramente e questo lo dice soltanto lo Spirito Santo al cuore. Sentiamo lo Spirito Santo, ascoltiamo lo Spirito Santo e andiamo avanti per questa strada dell'amore, della misericordia e del perdono. Grazie.

UGUAGLIANZA


Uguaglianza

(Reindirizzamento da uguaglianza)


L'uguaglianza è quell'ideale che offre ad ogni essere umano, indipendentemente dalla sua posizione sociale e dalla sua nazionalità, la possibilità di essere considerato alla pari di tutti gli altri esseri umani in ogni contesto. È questo un ideale comune a tutte le correnti dell'anarchismo.
Il concetto di uguaglianza può non essere necessariamente ristretto all'ambito umano e in questo caso si parla di antispecismo, ovvero ritenere tutte le specie appartenenti al regno animale allo stesso livello egualitario.

[modifica]L'uguaglianza tra gli esseri umani

Alcune ideologie politiche (NazismoFascismo ecc.), sociali (es. darwinismo sociale) e religiose (es. le caste induiste) hanno divulgato, seppur con argomentazioni diverse, la presunta differenza, e quindi non-uguaglianza, tra le diverse razze\etnie appartenenti al genere umano. Alcune di queste teorie razziste hanno avuto pure pretese scientifiche, ma è proprio la scienza ad aver dimostrato l’assurdità di siffatte teorie[1].
Marija Gimbutas (settembre 1989), archeologa che descrisse quelle società neolitiche che Riane Eisler poi chiamò società gilaniche
È quindi di per sé assurdo non solo avallare il razzismo, ma è anche sbagliato il solo parlare di razze umane in senso stretto (il termine razza può essere inteso nel senso generico del termine; ovvero, appartenenza ad una determinata tipologia umana, la quale però ha subito nel corso dei secoli una serie di mescolamenti genetici e si distingue da una un’altra per una serie di differenze prettamente morfologiche).
Il principio dell’uguaglianza è un fondamento basilare di molti pensieri (tra questi anche l’anarchismo ovviamente) ed è valido per quanto riguarda le razze (antirazzismo:non esistono le razze e comunque non esistono etnie superiori ad altre), il sesso d’appartenenza (antisessismo:non esiste un genere sessuale superiore ad un altro) e la classe sociale d’appartenenza (classismo:un essere umano appartenente ad una determinata classe sociale non può avere diritti superiori rispetto ad un altro appartenente ad altra classe). Molte persone oggi estendono il concetto di uguaglianza a tutte le specie appartenenti al regno animale (vedi capitolo 2).

[modifica]La gilania [2]

Per lungo tempo la sostanziale eguaglianza tra i sessi è “regnata” nella storia dell’umanità. Gli studi di Marija Gimbutas e Riane Eisler dimostrano che tanto nel Paleolitico quanto nel Neolitico, sono esistite delle società, che la Eisler definì gilaniche, e che in Europa furono particolarmente floride tra il 7000 e 3500 a.c, in cui non vi era alcuna forma di potere legata al sesso. La gilania fu poi soppiantata dall’androcrazia (dalle parole greche andros, "uomo" e kratos, "governato", quindi letteralmente “governo degli uomini”, “potere degli uomini”), importata con la forza dai Kurgan indo-europei durante le loro violente ondate migrative che si succedettero sul continente europeo tra il IV e il III millennio a.c.
«Le ricerche e scoperte archeologiche compiute, in vari siti sparsi in tutti i continenti, attestano la presenza diffusa di una cultura agraria egualitaria e priva quindi di differenziazioni sociali classiste, in cui l’organizzazione sociale è funzionale alla corrette gestione della società egualitaria stessa: Creta minoica 5.000-2000 a. C, ma anche Qatal Huyuk in Asia minore, Gerico in Palestina, Harappa e Mohenjo-Daro nella valle dell'Indo, la cultura Yomon in Giappone e numerosi siti in Asia, ma soprattutto le recenti scoperte e reinterpretazioni della cultura mesolitica e neolitica europea (dal Portogallo alla Russia), dimostrano che la civiltà agraria per moltissimi millenni fu priva di diseguglianze sociali e quindi non necessitò di organi separati di gestione dell'esistente come lo Stato, la polizia, l'esercito, un clero gestore dell'ideologia religiosa classista e patriarcale, il ricorso alla guerra per gestire i rapporti tra singoli gruppi sociali e collettività, ecc.» (Considerazione dell'utente Ario Libert)

[modifica]Uguaglianza tra le specie: l'antispecismo

Jeremy Bentham
Vedi, Specismo e Antispecismo.
«Non esistono animali superiori e inferiori, così come non esistono razze umane superiori e inferiori, ma esistono esseri viventi dotati di peculiarità uniche e come tali rispettabili e inviolabili». («L'importante non è se siano intelligenti, con quattro zampe, o possano parlare, ma possono soffrire?»,Jeremy Bentham).
Alla base del pensiero discriminatorio, secondo cui alcune specie animali vantano diritti superiori alle altre (specismo), vi è l’antropocentrismo, che a sua volta si fonda sull’errata interpretazione del darwinismo, sulla religione (Dio avrebbe creato gli animali non-umani per porli al servizio degli animali umani) o semplicemente sull’ignoranza (l’uomo non solo si arroga un diritto di superiorità rispetto agli altri animali, ma sviluppa anche una sorta di gerarchia tra gli altri animali non-umani..es. per molti è lecito mangiare le galline, ma non i cani o i gatti).
L’antispecismo invece è una concezione filosofica in netta antitesi con lo specismo, ovvero con l’idea che alcune specie animali possano vantare diritti superiori ad altre, e altro non è che l'estensione dell'antirazzismo oltre il concetto di razza. I fondamenti dell’antispecismo si basano sull'idea che gli animali umani e quelli non-umani condividono interessi fondamentali quali la sopravvivenza, la riproduzione, il piacere fisico, la libertà dal dolore.
Questa comunanza d’interessi, che hanno origine nell’appartenenza all’universo olistico, sono il fondamento della lotta allo specismo e quindi dell’egualitarismo animale (umano e non umano).

[modifica]Discorso sull'uguaglianza

«Le regole dell'eguaglianza derivano dai suoi criteri vigenti nella società: vale a dire, dai criteri di valorizzazione che accentuano o meno le differenze singolari convertendole in differenze sociali, che poi ritornano con effetti gerarchici sulle prime.
L'opzione di una società articolata secondo parametri di giustizia equa è indipendente dalle regole idonee a trasformare il quadro complessivo in fattori di promozione dell'uguaglianza. Nel XIX secolo, il paradigma diffuso nei movimenti rivoluzionari, e in quello anarchico in particolare, era riassunto nella formula: "da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo le proprie esigenze".
"Capacità" non si identificava totalmente con "lavoro", in quanto attività produttiva, sebbene l'etica del lavoro dominasse i criteri di valorizzazione rispetto all'ozio come suo contrapposto (il lavoro anche denominato neg-ozio), o alle funzioni intellettuali, nella cui divisione veniva a trovarsi in una posizione più "colpevole" del lavoro manuale, a cui pure si auspicava il ricongiungimento.
Tuttavia, la sfera delle esigenze individuali e collettive, o dei "bisogni" (a differenza dei "meriti"), dipende dal sistema sociale che ne determina la scala ed i gradimenti di rilevanza sociale sia nell'immaginario simbolico introiettato, sia nelle procedure di gratificazione positiva attivate.
L'ombra della piatta uniformità incombe sull'articolazione orizzontale delle differenze singolari, che in una società a scarsa mobilità significava una condanna perpetua allo status di provenienza.
Eguagliare tutti sotto il versante del complesso di esigenze garantiva un minimo di distinzione singolare senza tramutarsi in una gerarchia di ruoli sociali, e quindi di considerazione e stima pubbliche, che eleverebbe a giudizio di valore la differenza stessa.
Quale sia il complesso delle esigenze mediamente soddisfacibili come misura equa è un interrogativo ineludibile in teoria, dipendendo dall'organizzazione di una società giusta o ingiusta. Tuttavia, è opportuno tentare di precisare non solo i criteri di eguaglianza, ma anche le sue regole promozionali, rilevando sia il presupposto di una opzione egualitaria della società (il che non è affatto scontato, tutt'altro), sia la plausibilità di regole produttive.
Sul piano dei criteri, l'opzione si traduce nel postulato di una comunità tra gli individui all'interno della sfera del vivente.
Essa prende atto delle differenze singolari in fatto di caratteri, personalità, etnie, razza, lingua natia, condizione di provenienza, ecc., senza eleggerle a stili di valorizzazione sociale. Il postulato implica quindi la potenzialità di condividere, proprio in virtù della condizione umana comune, i benefici del livello sociale in fatto di risorse, beni e frutti del progresso e dello sviluppo quantitativo e qualitativo, apprestando le condizioni affinché ciascuno possa ritagliarsi una propria forma di vita degna accanto alle altre.
Ciò significa apprestare chances di opportunità che siano eque, nella distribuzione e nella selezione.
Nella distribuzione, tenendo conto delle condizioni di provenienza singolari, e quindi garantendo possibilità di colmare lacune di partenza legate a situazioni materiali di esistenza; nella selezione, tenendo conto del complesso di opportunità aperte ed eleggibili da ciascuno (senza necessità di ricorrere a regole distorsive di quote corporative di differenze da privilegiare o ricompensare, giacchè i meccanismi per quote alimentano, invece di attenuare, diversità innescando perverse derive a catena.
Ovviamente, a monte esiste una pratica della condivisione equa in situazioni quantitativamente segnate da assenza di rarità e difficoltà di divisibilità.La misura egualitaria di sacrifici e oneri distribuibili è funzione del criterio di solidarietà vigente, e quindi del quadro ideale di opzioni sociali entro cui l'indivisibilità produce disegualità di fatto o impossibilità di colmare particolari diseguaglianze.
E tuttavia, anche in questo caso è pensabile ipotizzare misure eque di sacrifici che siano adeguatamente differenziate in base alle condizioni di provenienza ed alle forme di vita prescelte, sulla base di una rotazione delle misure o di una differenziazione quali-quantitativa equilibrata. Talvolta, regole promozionali di eguaglianza sono conflittuali con istanze di libertà, ed è possibile ipotizzare che soluzioni eque siano inosservabili da una data postazione in cui sono collocati la totalità dei decisori.Ne risulterà una iniquità di fatto che emergerà conflittualmente, la quale, però, diventa insanabile solo in presenza di rigidità strutturali, quali l'istituzionalizzazione di norme vincolanti universalmente, che blindano la percezione dell'iniquità, magari rafforzandone i meccanismi,e ostacolano l'elaborazione di soluzioni.
Un assetto libertario rende in teoria più flessibile l'assorbimento indolore di conflitti e di deficit temporanei, giacchè la velocità di attenzione e di risposta non conosce vincoli istituzionalizzati. È possibile ipotizzare che tali processi sensibilizzino ritmi adeguati per elaborare soluzioni eque e ragionevoli; comunque, senza alibi di rappresentanza, la reale partecipazione decisoria nelle forme di autogoverno trasparente divengono fattore di coinvolgimento diretto teso a responsabilizzare con cognizione di causa i decisori.
In tali casi, responsabilità, sistemi di valore, solidarietà ed opzioni egualitarie possono incrinare come rafforzare una società giusta, non godendo di tutele esterne; ma in questo consiste il fascino insondabile della forma libertaria dell'esistenza.Comunque, ognuno di tali assi portanti contribuisce alla saldatura degli interventi lungo percorsi coerenti di eguaglianza diffusiva». (CRUCIVERBA: Lessico per i libertari del XXI secolo, ed. zero in condotta, Salvo Vaccaro).

Correre per vivere

Correre e vivere



La vita è una lunga corsa a ostacoli. Bisogna provare a saltarli tutti. Dobbiamo superare tutte le situazioni, a volte arrivando primi, a volte arrivando ultimi. Perché lo sappiamo: gli ultimi un giorno saranno i primi. Ci capiterà un giorno o l'altro di non riuscire a superare un ostacolo e allora lì sarà una ferita troppo grande. Fermiamoci, gente, fermiamoci. Continuare subito vorrebbe dire non saltare nemmeno il prossimo perché c'è troppo dolore. Sediamoci lì vicino alla pista e per un attimo osserviamo gli altri... e intanto facciamoci curare le ferite. Dobbiamo imparare a crescere. Con gli amici. Ridiamo con loro, non pensiamo alla corsa perché c'è tempo di correre... Abbiamo ancora mille ostacoli davanti. E ci sarà un tempo in cui rimpiangeremo l'attimo in cui eravamo fermi, ma questo sarà un grande errore perché allora non avremo tanta memoria per ricordare quanto si stava male. Poi arriverà il giorno in cui ci sentiremo più forti e saremo tutti pronti per ripartire. E ancora ostacoli, soltanto ostacoli. La loro forma ci farà impazzire perché sembreranno non finire mai. Poi però accadrà una cosa che sarà molto diversa da una semplice caduta: ci accorgeremo di aver sbagliato pista. E allora ci.sembrerà di morire; ma proprio perché noi non vogliamo morire riprenderemo in mano forza e volontà e percorreremo tutti gli ostacoli tornando indietro... ma non fino infondo, perché ad un certo punto del nostro cammino ci accorgeremo di una deviazione, quella piccola deviazione che non avevamo imboccato. E allora nasce il pentimento. Se l'avessimo presa prima saremmo già arrivati al traguardo. Vero. Anzi verissimo. Saremmo arrivati. Ma sicuramente con meno saggezza e con meno consapevolezza della propria forza. Saremmo state persone superficiali e soltanto fortunate. E invece con tanta fatica diventeremo persone sagge e profonde, belle dentro e con tanto da insegnare. Perché arriveranno giorni in cui bisognerà aiutare a partire altre persone e se vogliamo che corrano come noi dobbiamo insegnare loro ad essere leali. E ce la faremo. L'importante è non arrendersi mai: bisogna superare ogni tappa. Dobbiamo trasformare il dolore di un chilometro alle spalle in gioia di un chilometro in meno. Arriveremo tutti al traguardo. Tutti. Proprio lì incontreremo chi abbiamo odiato o chi ha provato ad intralciare il nostro cammino e se avremo corso con grande lealtà sapremo tendere la mano a tutte quelle persone che invece non l'hanno fatto. E si vergogneranno. Mentre noi .....saremo diventati ricchi, fantasticamente ricchi. Ma non dovremo mai sentirci superiori. Perché allora non sarà servita a nulla la ricerca affannosa della felicità. Sarà stata fatica sprecata. Potevamo stare a casa, dormire e avremmo fatto meno danni. E invece, gente, ci vuole lealtà nella vita. Sempre. Generosità. Tenerezza. Gioia di vivere. Coraggio di aiutare. Voglia di regalare sorrisi a chi si trova in difficoltà. Tendere la mano e donare il proprio cuore. Farsi da parte se qualcuno sta correndo meglio di noi. Perché nel tragitto accadrà anche questo. Per esempio quando nella vita si manifesterà l'amore. Quest'ultimo, capriccioso personaggio della nostra esistenza deciderà di trionfare tra due persone. E una di queste è la persona che abbiamo amato e che per ancora molto tempo continueremo ad amare. E questo sarà uno degli ostacoli che non subito riusciremo a superare. Perché noi non saremo protagonisti: il destino non ha scelto noi per stare con quella persona. E allora ancora entrerà in gioco grande forza. Ma qui la forza si traduce in autostima. Grande autostima. Perché se non c'è ritiriamoci. Meglio per tutti. E invece noi ci fermeremo, sì. Per incassare il colpo, ma non con pigrizia. Poco dopo ci alzeremo e ...
...decideremo di continuare a correre. E ad un certo punto, quando il nostro pensiero sarà convinto di aver sbagliato a ripartire, sarà proprio lì che giungerà la conferma del contrario. L'amore vorrà trionfare e noi saremo i protagonisti. La vita ci sembrerà più facile in due. Perché ci si può confortare e, facendo giocare le parole, anche confrontare. Ci saranno momenti duri. Ma la via più facile non è sempre quella giusta. Ce ne accorgeremo. A volte sbaglieremo ma ripercorremo l'errore. Senza spaventarci mai. Basta solo fiducia. Grande fiducia. In noi stessi e nel mondo. Diventerà lecito fallire in alcune tappe. Ma mai dovremo smettere di amare. Mai. Mai. Mai. Perché è l'unica strada verso un mondo migliore.
S
da PensieriParole

L'OZIO COME STILE DI VITA


L'OZIO


Travèt, impiegati di oscure multinazionali, ma anche di stimate banche e assicurazioni nazionali, dipendenti di ogni tipo di diavoleria distributiva, callcenteristi e gonfiati responsabili delle risorse umane di tutta italia e del mondo intero, se è possibile: vi prego! Leggete questo libro! questo sacro inno a non riempire un vuoto esistenziale con un altro vuoto: quello di un lavoro non amato, e di una schiaviù peggiore di quelle già vissute nella storia dell'uomo, perché più sottile e capillare, quella del lavoro modernamente organizzato. Hodgkinson ci mette in guardia dalla sterile ripetitività delle nostre giornate, strappate da un sonno ristoratore, brutalmente spese tra metropolitane, code chilometriche, pasti indigesti e costosissimi nei baretti peri-ufficio, pasti meno costosi ma comunque indigesti, nelle incubatrici fredde e macilente delle mense aziendali. Ci mette in guardia e ci esorta a non accettare più questo stato di fatto, che sembra immutabile, che sembra dato una volta per tutte, inventato da chi? quando? per soddisfare gli appetiti di produttività di chi? Attraverso una serie di citazioni e di rimandi storici all'era pre-industriale questo scrittore ci fa intravedere la possibilità di qualcosa di diverso per noi, che non sia "40 anni in azienda e poi faccio quello che mi piace": un'organizzazione del lavoro maggiormente flessibile, a misura d'uomo e dei suoi ritmi naturali che sono completamente sovvertiti da esigenze di carattere produttivo. Hodgkinson inanella una serie di bestemmie per l'intero mondo aziendale, e solo per questo andrebbe letto, perché dice qualcosa di impopolare e che per molti risulta solo utopico e ultra idealista, ma che invece ti fa entrare in testa un tarlo, un tarlo che lavora perché tu la smetta di lavorare come uno schiavo al servizio di una causa lontana da te quanto Saturno. Con questo libro cadono i richiami ipocriti alle mission aziendali, cadono le fette di mercato da conquistare, cadono le alzatacce che fanno tanto uomo virtuoso, cade tutta l'impalcatura messa su a dovere da anni e anni di consumismo spinto, che vuole il mondo popolato da lavoratori che non pensano e che spendono quello che guadagnano, e che ha relegato lo spazio dell'ozio, del pensiero e della libertà del proprio tempo solo agli artisti, anche loro sempre meno concentrati sulla qualità della loro produzione a dispetto della popolarità o del riscontro in termini di vendite. Certo, il lavoro dipendente fa schifo, d'accordo, ma come vivo se non lavoro?
Hodgkinson non è un visionario totale, è pur sempre un inglese, e non ci invita a lasciare di punto in bianco il nostro lavoro, anche se in più di un punto del libro vi ammicca, ma ci esorta a prendere spazi nostri, guadagnando meno, ma ottenendo in cambio tempo, calma, e benessere...


Source: http://it.shvoong.com/f/books/133012-ozio-stile-di-vita/#ixzz2SWKuaXsw

Vivere il Presente


Vivere il presente
Vivere il presente
Vi capita a volte di non riuscire a smettere di rimpiangere il passato o di preoccuparvi per il futuro? Quando mi capita, ricordo una famosa storia Zen:
Un giorno, mentre camminava attraverso la foresta, un uomo incontrò una feroce tigre. Si diede immediatamente alla fuga per salvare la propria vita e la tigre lo inseguì.
L’uomo arrivò al bordo di un dirupo e la tigre lo stava per raggiungere. Non avendo scelta, si arrampicò giù per il precipizio, tenendosi con entrambe le mani ad una pianta di vite.
Appeso sul dirupo, l’uomo vide sopra di sé la tigre. Guardò verso il basso e vide un’altra tigre, che ruggendo attendeva la sua discesa. Era tra due fuochi.
Due topi, un bianco ed un nero, apparvero sulla vite a cui si aggrappava e, come se la situazione non fosse abbastanza grave, cominciarono a rosicchiare la pianta.
L’uomo sapeva che se i topi avessero continuato a rosicchiare, ad un certo punto la vite non avrebbe più potuto sostenere il suo peso, si sarebbe rotta e lui sarebbe caduto. Provò a mandare via i topi con le sue grida, ma questi tornavano sempre a rosicchiare.
Ad un certo momento, notò una fragola che cresceva sul dirupo, non lontano da lui. Era rossa e matura. Tenendosi alla vite con una mano e raggiungendo la fragola con l’altra, la colse.
Con una tigre sopra, un’altra sotto e due topi che continuavano a rosicchiare la vite, l’uomo assaggiò la fragola e la trovò assolutamente squisita.
Questa storia riguarda il sapere vivere il presente. Nonostante la sua situazione pericolosa, l’uomo non ha permesso che i futuri pericoli lo paralizzassero. E’ stato capace di afferrare e assaporare il momento.
La storia contiene molte metafore. Tutti gli elementi principali nella storia sono rappresentazioni che possiedono significati più profondi.
La parte superiore della scogliera rappresenta il passato. È dove l’uomo era e da dove è venuto. In termini personali, questa metafora si riferisce a tutte le nostre esperienze ericordi della vita che già abbiamo vissuto.
Aggrapparsi alla vite, nella parte superiore del dirupo, significa rivisitare il passato. La tigre sulla parte superiore rappresenta il pericolo di indugiare troppo nel passato. Se costantemente ci compiangiamo per non essere stati in grado di fare determinate cose come avremmo dovuto, o se siamo sommersi dal rammarico e dalla vergogna per errori che abbiamo fatto, allora la tigre ci ha ferito con i suoi artigli taglienti. Se non riusciamo aliberarci delle esperienze negative dal passato che ci rendono timidi ed impauriti, o se ci sentiamo vittime perché veniamo da un passato fatto di traumi o abusi, allora la tigre ci ha azzannato dolorosamente.
La tigre inoltre rappresenta l’impossibilità di andare indietro nel tempo per porre rimedio a qualcosa. A volte vorremmo fare andare indietro l’orologio e rifare certe cose. Forse pensiamo al ritorno perfetto, molto tempo dopo il momento giusto; forse c’era una persona speciale a scuola che avremmo voluto conoscere ma non lo abbiamo fatto; forse abbiamo detto qualcosa di cattivo a qualcuno che amiamo e adesso faremmo qualunque cosa per non averlo fatto. Purtroppo, il tempo scorre in una sola direzione – la tigre sorveglia la parte superiore della scogliera e noi mortali non possiamo tornare indietro.
La parte inferiore della scogliera rappresenta il futuro. È il paese non scoperto, il capitolo non scritto. Il futuro contiene tutti i nostri sogni e timoriaspirazioni e delusioni, potenzialivittorie e possibili sconfitte. È la misteriosa ed incerta regione del domani.
Arrampicarsi giù per la vite, verso la parte inferiore del dirupo, è guardare avanti, anticipare e speculare circa il futuro. La tigre nella parte inferiore rappresenta il pericolo dipreoccuparsi eccessivamente di quello che deve ancora venire – specialmente a scapito della nostra capacità di agire o di mantenere la pace interiore.
Molti di noi hanno avuto l’esperienza di preoccuparsi all’infinito per un compito, un discorso o un’intervista di lavoro imminenti. Pensiamo a tutte le cose che possono andaremale. La notte non possiamo dormire perché siamo troppo nervosi per il giorno seguente.
Così cosa accade quando arriva il momento della prova? La nostra incapacità di rilassarci ci allontana dal genio creativo del Tao. Non riusciamo ad essere al nostro meglio. Non riusciamo a trasformare tutta quell’energia nervosa in azione efficace; invece, si trasforma in tensione e stress. Ci siamo arrampicati troppo in basso lungo la vite e ci siamo avvicinati troppo alla tigre, permettendo così che ci rechi danno.
La tigre in basso inoltre rappresenta la morte. La morte aspetta pazientemente tutti noi nell’avvenire. Sa che prima o poi saremo sue prede. Quando la tigre ruggisce verso di noi, sentiamo il vento gelido della decadenza.
La posizione dell’uomo fra le due tigri rappresenta il presente. Si noti che rimane sospeso a mezz’aria. Nello stesso modo, anche noi viviamo sospesi fra il passato ed il futuro.
Questa cosa che chiamiamo “adesso” o “presente” può essere un concetto piuttosto elusivo. Non appena individuiamo un istante e lo definiamo come “ora”, scivola via e non è più il presente. Un altro istante, ugualmente elusivo, prende il suo posto. Non importa quanto ci proviamo, non saremo mai capaci di fissare il presente.
Il presente inoltre sfugge ad ogni definizione, proprio come il Tao. Anche se possiamo misurare il tempo con grande esattezza, la nostra precisione tecnica ci non aiuta per nulla ad isolare la parte infinitesimale di tempo di zero durata. Anche se abbiamo la tecnologia per costruire un orologio atomico con un margine di errore inferiore ad un decimo di miliardesimo di secondo, tutti gli orologi atomici del mondo non possono fermare lamagia dell’istante presente.
Anche se l’istante attuale è oltre la nostra comprensione, il paradosso dell’esistenza è che il presente è ciò che viviamo. Effettivamente, è tutto quello abbiamo sempre avuto. Non possiamo mai avere il passato o il futuro; uno è andato irreparabilmente e l’altro deve ancora venire. Il presente è qui ed ora ed è nostro completamente e senza riserve. Nessuno può prendercelo e solo noi abbiamo il potere di decidere come usarlo.
La vite rappresenta la vita nel mondo materiale. Proprio come l’uomo si tiene alla vite con entrambe le mani, anche noi ci aggrappiamo caparbiamente alla vita fisica. L’istinto disopravvivenza ci costringe ad aggrapparci alla nostra vita e non la lasceremmo senzalottare.
Aggrapparsi alla vite non è facoltativo. L’uomo, inseguito dalle tigri, non ha altra scelta che aggrapparsi. Allo stesso modo, una volta che veniamo al mondo, non abbiamo altra scelta che vivere le nostre vite da un momento al seguente. Quindi, la vite può inoltre essere vista come il samsara – il ciclo della nascita e della morte.
I due topi rappresentano il passare del tempo. Sono uno nero e uno bianco per la semplice ragione che simbolizzano il giorno e la notte.
I ratti rosicchiano la vite, rendendola sempre più debole. Questo rappresenta come ogni ciclo del giorno e della notte ci porta un po’ più vicino alla morte. Quando la vite si rompe, l’uomo cade verso una fine certa. Nello stesso senso, quando un certo numero di giorni e notti è passato, la vita fisica a cui ci aggrappiamo giungerà alla fine e sarà il tempo per la morte. Non avremo altra scelta che affrontare la tigre.
Come l’uomo prova a mandare via i topi, noi proviamo a ritardare l’invecchiamento e tenere lontane le malattie. Vi sono industrie intere dedicate ai prodotti per mantenerci giovani ed in buona salute o, per lo meno, apparire tali. Pensiamo a tutte le vitamine, i supplementi, i trattamenti, le stazioni termali, le terapie ormonali, i lifting, le liposuzioni, itrapianti di capelli… e così via.
Ma come i topi continuano a ritornare, così il tempo passa e non rallenta per nessuno. Nonostante i nostri sforzi, il nostro tempo in questa vita rimane limitato.
La fragola rappresenta la bellezza, la grazia, l’energia e la vitalità del momento presente. È sempre là, sempre disponibile per coloro che hanno la capacità di vederla esperimentarla.
Per esempio, in questo stesso momento possiamo attivare la nostra consapevolezza e sentire questo miracolo della comunicazione che permette lo scambio fra noi di pensieriidee. Possiamo sentire come sia stupefacente che questo collegamento tra persone sia possibile. C’è una magia e una bellezza meravigliosa che difficilmente possiamoesprimere a parole.
Usciamo e poniamoci in comunione con la natura. Restiamo testimoni silenziosidell’opera del Tao. Percepiamo la realtà come un’interazione infinita delle forze naturali, operanti intorno a noi così come dentro di noi. Dalla sfera macrocosmica a quella microcosmica, sentiamo come i processi naturali seguono il loro corso, regolati da un principio intrinseco che è al di là della nostra comprensione.
Vi è così tanta bellezza e bontà in ogni singolo momento che, se dovessimo sentirla tutta, ne saremmo sopraffati. Parafrasando la nostra storia, potremmo dire che la fragola è piena di un succo squisito.
Cogliere la fragola è afferrare il momento. Così facendo, siamo coscienti del presente, dirigiamola nostra attenzione al flusso che si muove attraverso di noi e scegliamo di immergerci completamente nel fiume dell’eterno presente.
Assaggiare la fragola è assaporare completamente la realtà. Così facendo, cominciamo ad apprezzare il miracolo dell’esistenza e a notare una bellezza che è sempre presente dovunque rivolgiamo lo sguardo. Ciò riempie il nostro cuore di gioia e di gratitudine.
Cogliere ed assaggiare la fragola può essere molto più facile a dirsi che a farsi. Per la gran parte del tempo, la maggioranza di noi ha difficoltà ad entrare in quella condizione di coscienza che ci permette di afferrare la realtà e di assaporare il momento. Ci sono ostacoli che ci bloccano.
Il primo ostacolo, che la maggior parte dei seguaci del Tao ha superato, è la mancanza di consapevolezza. Molta gente vive ogni giorno rimpiangendo il passato o preoccupandosi per il futuro, ignari del tesoro del presente che già possiedono. Tornando alla storia, è come se l’uomo fossi così occupato a guardare su e giù da non notare il delizioso frutto proprio vicino a lui.
Il secondo ostacolo è più difficile e la maggior parte di noi lo incontra di tanto in tanto. Facciamo il caso che l’uomo veda la fragola, ma poiché è troppo spaventato dalle tigri, non ne ha desiderio. Anche se sa bene dov’è la fragola, non è interessato a mangiarla.
Qualcuno che abbia affrontato questo ostacolo può dire “va bene capire le metafore nella storia, ma c’è una grossa differenza nel trasferire questa comprensione nella vita reale. So che il mio obiettivo dovrebbe essere di vivere il presente, ma come faccio esattamente?”
La storia offre un indizio. Quando l’uomo vede la fragola, si tiene alla vite con una mano e prende la fragola con l’altra. Questa azione include due elementi essenziali: lasciare andare e sporgersi.
L’uomo non potrebbe cogliere la fragola se continuasse a tenersi con entrambe le mani. Con entrambe le mani strette alla vite, tutto quello che potrebbe fare sarebbe guardarla. Per ottenere il premio, ha dovuto distendere una mano e staccarla dalla vite.
È esattamente lo stesso con la vita. La vite rappresenta la nostra esistenza fisica. Tenersi troppo strettamente alla vite equivale ad avere attaccamenti troppo forti allepreoccupazioni materiali. Con tali attaccamenti, non possiamo lasciarci andare. Questo è il modo sicuro per impedirci di godere il presente.
Sembra semplice mentre ne parliamo, ma pensiamo alle persone che conosciamo che sono così concentrate sul soldi che non si prendono mai il tempo di godersi la vita. Se le osserviamo, possiamo vedere che non riescono a rilassarsi neppure quando hanno terminato un compito. Per esempio, in vacanza non possono smettere di pensare all’ufficio. Nella metafora della nostra storia, tali persone sono mortalmente attaccate alla vite.
So di un signore la cui fissazione era il mercato azionario. Era un trader che seguiva il mercato minuto per minuto. Quando gli amici comunicavano con lui al telefono, potevano sempre indovinare quando i valori delle sue azioni scorrevano sullo schermo del suo computer, perché le sue risposte diventavano improvvisamente molto più lente, come se fingesse di ascoltare. Questo era chiaramente un caso dove il forte attaccamento alle cose materiali avevano completamente distrutto la capacità di godere delle conversazionicon i vecchi amici – una delle cose migliori della vita.
L’altro elemento, ugualmente importante, è uscire da se stessi, esplorare. La zona disicurezza può essere comoda, ma non offre niente di nuovo. Per ottenere la fragola, dobbiamo avventurarci oltre il familiare, puntare ad un premio che possiamo vedere ma non possiamo afferrare.
Il Tao si manifesta nella vita e la caratteristica della vita è che si sviluppa. La vita esplora continuamente nuovi territori, prende dei rischi e va in posti in cui non è stata prima. Se facciamo lo stesso, scopriremo ben presto che la vita è gioiosa ed emozionante e piena di possibilità. Vedremo che vivere nel presente è sia facile che divertente.
Quindi, la nostra storia insegna che quando abbiamo difficoltà a vivere pienamente econsapevolmente nel presente, dobbiamo soltanto farci alcune domande come:
  • Quali sono i miei attaccamenti? Quali sono le cose che da cui non riesco a staccarmi? Di quali attaccamenti sono disposto a liberarmi, per vivere la mia vita pienamente?
  • Sto imparando qualche cosa di nuovo? Sto conoscendo nuove persone? Sto facendo qualche cosa non ho fatto prima? Che cosa potrei studiare per divertimento? Quali progetti interessanti potrei intraprendere?
Le nostre risposte indicheranno la strada da seguire. Formuliamo di conseguenza il nostro piano d’azione.
Seguendo il nostro piano d’azione per vivere consapevolmente il presente, troveremo sempre più facile smettere di vivere nel passato o di preoccuparci eccessivamente per il futuro. Godendo maggiormente il presente, scopriremo inoltre che i ricordi sgradevoli o persino dolorosi non ci toccano più; le preoccupazioni e i timori sulle incertezze future non ci paralizzano più.
Scopriremo che il presente è letteralmente un presente meraviglioso. È un regalo miracoloso pieno di pace, di soddisfazione, di energia e di entusiasmo. È una scatola piena di fragole squisite.
Cominceremo a renderci conto che l’unico requisito per meritarci un tal regalo è accettarlo e goderlo. Saremo stupiti che vi sono persone che non ne approfittano. Alcuni neppure comprendono che hanno questa possibilità. Non lo riconoscono come loro diritto di nascita, né ne capiscono il valore inestimabile.
Raccogliamo i nostri pensieri nuovamente dentro di noi. È tempo di dischiudere il nostro presente.
Di Derek Lin.
Traduzione: Alessandro Zampagna.

Pra se pensar ....

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Desespero anunciado Para que essa agonia exorbitante? Parece que tudo vai se esvair O que se deve fazer? Viver recluso na pr...