Avere o Essere


Erich Fromm
AVERE O ESSERE?



1.
Avere ed essere sono modalita' esistenziali, entrambe sono potenzialita' della natura umana: alla base della modalita' esistenziale dell'avere vi e' un fattore biologico, la spinta alla sopravvivenza (pag.134), alla base della modalita' esistenziale dell'essere c'e' il bisogno di superare il proprio isolamento, che e' una condizione specifica dell'esistenza umana. A decidere quale modalita' avra' il sopravvento per la maggioranza e' la struttura sociale con le sue norme ed i suoi valori (pag.141).
Il carattere sociale fonde la psiche individuale e la struttura socioeconomica (si' che gli individui "desiderano fare cio' che devono fare", pag.176).
I mutamenti solo psichici sono limitati alla sfera privata e sono inefficaci come i mutamenti economici, se non riguardano anche il carattere. La struttura caratteriale dell'individuo costituisce il suo vero essere, mentre il suo comportamento puo' essere solo una maschera, un'apparenza (pag.130; il fanatismo, osserva l'Autore, talvolta serve a coprire impulsi opposti, pag.116).
Le strutture socioeconomica, caratteriale, religiosa sono inseparabili (pag.182); la rivoluzione francese non fu solo politica ma anche religiosa (pag.189).

2.
L'uomo, osserva Fromm, e' come un recipiente che mentre lo si riempie, ingrandisce, cosi' che non sara' mai pieno (pag.93), il nostro io e' alla base del nostro sentimento di identita' e comprende sia qualita' effettive (corpo, possessi, cognizioni) che fittizie (immagini di noi, pag.100).
La determinazione istintuale minima che caratterizza la specie umana rende necessari i sistemi referenziali di orientamento (mappe) e gli oggetti di devozione (mete, pag.180), mappe e mete che peraltro non sono mai del tutto esatte e mai del tutto sbagliate (pag.181): ogni cultura (passata, presente, futura) comprende sia i mezzi di orientamento che gli oggetti di devozione, vale a dire una religione. L'atteggiamento religioso e' un aspetto della struttura caratteriale (pagg.177-178).
La liberta' umana e' limitata dal nostro io, dai possessi e dalle opere; la liberta' come condizione per la creativita' comporta non avere legami che impediscono la propria autorealizzazione (pag.92).

3.
AVERE
ESSERE
avidita', incorporazione di cose o simboli, possesso, dominio, proprieta' acquisitivanon-avere (rinuncia a cose, potere, dominio, perfezione personale, al proprio io), "vuoti e poveri" (pag.121), proprieta' funzionale
autorita' irrazionale (avere autorita') basata sul potere (permanente)autorita' funzionale (essere un'autorita', pag.59) fondata sulla competenza e revocabile
alienazione dell'autorita' (nel titolo, rango, uniforme, pag.62)assenza di legami con cio' che abbiamo (il nostro io, i possessi, Dio, pag.91)
conoscenza come certezza della verita', avere piu' conoscenza, conservazione (di idee, ecc., pag.49), conoscenza possessiva (avere conoscenza), illusioniconoscenza come processo di autoaffermazione della ragione umana, conoscere piu' profondamente,ignoranza come parte del processo del conoscere (pag.64), dimenticare di sapere (pag.90), de-lusione (pag.63)
connessioni logiche e meccaniche dei concetti, ricordi scritti (pag.54)creativita', coinvolgimento, connessioni emozionali dei concetti, dialogo
piacere accompagnato da delusione (pag.156), consumo, tossicomanie (pag.46)gioia come processo del divenire (attivita', movimento, esperienza, mutamento, pag.158)
amore come oggetto, cosa (avere persone), gelosia, principio patricentrico (amore condizionato, giustizia)atto di amare, attivita' produttiva (pag.71), principio matricentrico (amore incondizionato, misericordia e compassione)
affermazione della propria superiorita' sugli altri (conquistare, depredare, p.112), individualismo come ricerca del successo personale (p.100), competizione, antagonismo, pauradare e condividere, individualismo come liberazione da catene sociali
moderna domenica come fuga da se stessi (pag.77), attivita' alienata (pag.122), essere indaffarati (pag.93)sabato ebraico come giorno di armonia (con se stessi, con gli altri esseri umani e la natura), attivita' produttiva (pag.123)
neopaganesimo, idolatria, peccato (pag.165), fede come sottomissione ad un'autorita', eroe pagano, religione industriale (pag.192)martire cristiano (pag.186), fede come atteggiamento intimo, certezza fondata sulla mia esperienza,umanesimo
immutabilita' del soggetto e permanenza dell'oggetto (pag.107), rapporto di morte (soggetto ed oggetto sono cose, pag.108)esperienze non descrivibili a parole (pag.120), rapporto di vita (processo vivente tra soggetto ed oggetto)
ansia e insicurezza di perdere cio' che si ha (pag.147), paura di morire (pag.168)fede in noi stessi e nelle nostre capacita' creative
"io sono cio' che ho" (pag.150), avidita', bramosia, ingordigia, cupidigiagodimento condiviso, compartecipazione (pag.153)
pace come treguapace come armonia (pag.151)
tempo passato (ricordo) e futuro; sottomissione al tempo, che diviene nostro dominatore (pag.170)qui ed ora, atemporalita', eternita' (l'atto creativo trascende il tempo, pag.169); rispetto del tempo e dei suoi cicli

L'Autore distingue due forme di essere, una contrapposta all'avere, l'altra all'apparire (pag.43), e distingue l'avere esistenziale (beni necessari per soddisfare bisogni) dall'avere caratteriologico, che e' socialmente determinato ed in conflitto con l'essere (pag.117).
Il possesso e' un momento transitorio del processo vitale (pag.107), nella storia umana la proprieta' privata costituisce un'eccezione e non la regola; Fromm elenca altre forme di proprieta': autoprodotta, personale o funzionale, limitata, comune (pag.98). La stragrande maggioranza e' esclusa dalla proprieta' dei mezzi di produzione (capitali e impianti), molto piu' diffusa storicamente e' invece la proprieta' patriarcale, che e' una proprieta' non su cose ma su esseri viventi (moglie, figli, animali, pag.99).

4.
Gli eroi in mitologia e religione sono individui che abbandonano i loro possessi, che si distaccano (pag.145). La sicurezza derivante dal possesso e l'insicurezza di restare privi di quanto si possiede caratterizzano il modo di vivere errato: paura dei ladri, dei mutamenti economici, delle rivoluzioni, delle malattie, della morte (pag.146).
Il consumo, osserva l'Autore, perde in fretta il proprio carattere gratificante e pertanto impone di consumare sempre di piu' (pag.47).
Il contratto matrimoniale, rileva Fromm, puo' trasformare il matrimonio da amore reciproco in possesso amichevole, e l'interesse si sposta su cio' che i coniugi hanno in comune (casa, figli, rango sociale, denaro, pag.71); le difficolta' del matrimonio derivano dalla struttura esistenziale possessiva della societa' e degli individui che la compongono (pag.72).
La modalita' dell'avere porta al conflitto, allo scontro sia fra gli individui che fra le nazioni (pag.151). Nell'ambito della modalita' esistenziale dell'avere, l'Autore distingue il carattere tesaurizzante, autoritario, accumulatorio e fondato sul valore d'uso dal carattere mercantilistico, basato sul valore di scambio (vendibilita' di se) e caratterizzato da indifferenza, atrofia emozionale, alienazione (la meta e' costituita dall'adeguato funzionamento). Il carattere mercantilistico puo' mutare piu' facilmente di quello accumulatorio (pag.259).

5.
Nell'introduzione al libro, Fromm analizza i fallimenti della Grande Promessa:
Massimizzazioni (promesse)
Fallimenti
potere (dominio sulla natura)pericoli ecologici e rischio di conflitti
abbondanza materialeabbondanza limitata ai soli paesi ricchi
felicita' come soddisfazione di tutti i desiderialienazione
liberta' personalemanipolazioni (mass media, governi, industria)

La salute mentale e' il risultato del vivere bene (pag.128), la massimizzazione del piacere non conduce al vivere bene (pag.16); i principi etici dovrebbero determinare il comportamento economico (l'Autore distingue i bisogni oggettivamente validi dai desideri), mentre il capitalismo ha separato il comportamento economico dai valori etici: la domanda fondamentale non e' infatti cosa e' bene per l'uomo ma cosa e' bene per lo sviluppo del sistema (pag.21).
I sacrifici necessari per mutare il nostro modo di vita sono tali da far preferire una catastrofe futura, mentre i leaders fingono di operare efficacemente (trattive e conferenze senza fine, pagg.25-26); eppure, secondo Fromm, l'utopia e' oggi piu' realistica del realismo (pag.261).
L'analisi sull'uomo nuovo e' a pagg.221 e seguenti; la nuova societa' deve essere caratterizzata da crescita selettiva, sicurezza, soddisfazione psicologica, decentramento, partecipazione (decisiva), informazione, sviluppo scientifico, democrazia industriale, "liberazione delle donne dal dominio patriarcale" (pag.248), disarmo atomico.
La religiosita' umanistica, osserva Fromm, e' senza religione (non e' istituzionalizzata), Citta' di Dio e Citta' Terrena sono tesi ed antitesi la cui sintesi e' la Citta' dell'Essere (pag.262).
La discussione sul reddito minimo garantito e' a pag.247 e seguenti, e si fonda sull'argomento del diritto incondizionato degli essere umani a vivere, diritto che e' indipendente dai loro adempimenti verso la societa'. L'Autore esamina anche la forza persuasiva che potrebbe avere uno sciopero dei consumatori, dove una minoranza potrebbe produrre mutamenti efficaci (pag.234).

6.
L'arte di essere (pagg.221 e seguenti) riguarda :
A) uno scopo supremo dell'esistenza che e' la piena crescita di se stessi e dei propri simili;
B) due negazioni:
- rinunciare al proprio narcisismo, ad adorare idoli, alle illusioni;
- rinunciare a tutte le forme di avere (possedere, controllare, raggiungere l'obiettivo);
C) attivita' positive quali il rispetto di ogni forma di vita, dare e condividere, lo sviluppo della propria capacita' di amare e di pensare in maniera critica, lo sviluppo della propria fantasia (come anticipazione di possibilita' concrete), conoscere se stessi, essere presenti, far propria una liberta' che non sia arbitrarieta', essere consapevoli che nessuno e nulla fuori di noi puo' dare significato alla nostra vita e che male e distruttivita' sono conseguenze necessarie del fallimento del nostro proposito di crescere.
Erich Fromm

l'amore è una scelta e una promessa


Rapporto di coppia secondo Erich Fromm: l'amore è una scelta e una promessa

Sabato 5 Novembre 2011, 11:32 in Pillole di saggezzadi 
Il celebre psicoanalista Erch Fromm, nel suo saggio, L'arte di amare offre molti spunti di riflessione...arricchenti per la vita di coppia!
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Il celebre psicoanalista e sociologo tedesco Erich Fromm ha studiato per molti anni le relazioni amorose, da questi studi è nati il famosissimo libro L'arte di amare, un testo che contiene innumerevoli perle di saggezza, come per esempio la frase: 'L'amore immaturo dice: ti amoperché ho bisogno di te. L'amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo', una di quelle frasi che fanno storia tra i gruppi di amiche nei primi anni dell'amore, ecco questa è una delle tante frasi di Fromm.
  • Tutti noi siamo Uno, eppure ognuno di noi è un'entità unica, separata. Nei nostri rapporti col prossimo si ripete lo stesso paradosso. In quanto Uno, possiamo amare tutti nello stesso modo, nel senso di amore fraterno. Ma in quanto esseri distinti, l'amore erotico esige prerogative strettamente individuali, che esistono tra determinate persone, e non certo tra tutte.
  • Solo chi ha fede in se stesso può essere fedele agli altri.
  • L'amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L'amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo.
  • Se due persone che erano estranee lasciano improvvisamente cadere la parete che le divideva, e si sentono vicine, unite, questo attimo di unione è una delle emozioni più eccitanti della vita. È ancora più meravigliosa e miracolosa per chi è vissuto solo, isolato, senza affetti. Il miracolo di questa intimità improvvisa è spesso facilitato se coincide, o se inizia, con l'attrazione sessuale. Tuttavia, questo tipo di amore è per la sua stessa natura un amore non duraturo. Via via che due soggetti diventano ben affiatati, la loro intimità perde sempre più il carattere miracoloso, finché il loro antagonismo, i loro screzi, la reciproca sopportazione uccidono ciò che resta dell'eccitamento iniziale. Eppure, all'inizio, essi non lo sanno; scambiano l'intensità dell'infatuazione, il folle amore che li lega, per la prova dell'intensità del loro sentimento, mentre potrebbe solo provare l'intensità della loro solitudine. (p. 16)
  • 'Innamorarsi', l'imprevista caduta delle barriere che esistevano fino a quel momento fra due estranei.
  • In ogni attività creativa, colui che crea si fonde con la propria materia, che rappresenta il mondo che lo circonda. Sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, in ogni tipo di lavoro creativo, l'artefice e il suo oggetto diventano un'unica cosa: l'uomo si unisce col mondo nel processo di creazione.
  • Dare è la più alta espressione di potenza. Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell'atto mi sento vivo

Amo i tuoi occhi




Occhi che guardano furtivi
Occhi che lacerano il viso
Occhi che non guardano fuori
Occhi che è meglio non vedere


Occhi che un bagliore cercano lontano
Occhi che dispersi brancolano al buio
Occhi impavidi in questa nera notte
Occhi che è meglio non guardare

Occhi su occhi 
Ti toccano, ti tentano
E poi sfuggono senza vederti
Senza pensarti
Senza volerti


Occhi che ti spiano lenti
Occhi che nel sole luccicano
Occhi che il vento ha reso chiusi
Occhi che l'anima non vedono

Occhi che il colore sbiadiscono
Occhi del tempo impreciso
Occhi che sbagliano a vedere
Occhi che non imparano a volare

Occhi su occhi 
Un tentativo distratto vicino
E poi allungano mediante 
L'orizzonte 
La gente


Occhi che piano lacrimano
Occhi impietosi senza dignità
Occhi freddi che l'orgoglio ha reso ciechi
Occhi senza colore 
e libertà

Trova il tempo


Trova il tempo
di Madre Teresa di Calcutta



Trova il tempo di pensare
Trova il tempo di pregare
Trova il tempo di ridere.
E' la fonte del potere
E' il più grande potere sulla terra
E' la musica dell'anima.


Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare.
E' il segreto dell'eterna giovinezza
E' il privilegio dato da Dio.
Il giorno è troppo corto per essere egoisti.


Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare.
E' la fonte della saggezza
E' la strada della felicità
E' il prezzo del successo.


Trova il tempo di fare la carità.
E' la chiave del Paradiso!!
Madre Teresa di Calcutta

Dolore, gioia e speranza



SU GIOIA E DOLORE
(Kahlil Gilbran)

   Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore.
   E lui rispose:
   La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera,
   E il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime.
   E come può essere altrimenti?
   Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere.
   La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa bruciata nel forno del vasaio?
   E il liuto che rasserena il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato dal coltello?
   Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato dolore a darvi ora gioia.
   E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento.
   Alcuni di voi dicono: "La gioia è più grande del dolore", e altri dicono: "No, è più grande il dolore".
   Ma io vi dico che sono inseparabili.
   Giungono insieme, e se l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro è addormentato nel vostro letto.

   In verità voi siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia.
   Soltanto quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi.
   Come quando il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure ricadere. 

Perché sperare?

La Speranza



Tratto dal libro "Per un mondo migliore" - Edizioni Mediterranee

Per ascoltarlo nella voce originale

Nella storia della civiltà vi sono alcune scoperte e invenzioni la cui utilità è stata veramente fondamentale ed universale; ad esempio il fuoco, la ruota, la leva e via e via. Cosí nell'odissea dell'homo sapiens - questo essere che dalla prima forma di individualizzazione evolve fino a dimenticare la propria individualità per accendersi del piú puro altruismo - c'è qualcosa di altrettanto fondamentale e universale. Certo non si tratta di un bene materiale, non si tratta di una dote naturale di cui piú o meno tutti siano provvisti. Si tratta di qualcosa di inafferrabile, non di rado infondato e assurdo, ma che dà, a chi lo possiede, talvolta, piú di un aiuto materiale, di un bene prezioso. Parlo della facoltà di sperare: della speranza.
 Oh, speranza, cara amica dell'uomo, quanto gli dai in cambio di nulla, perché non costa sperare! Tu addolcisci ogni angoscia, ogni dolore; tu aiuti a sopportare, ad accettare; tu apri uno spiraglio di luce a chi è immerso nell'oscurità anche piú greve. Ed è per quello spiraglio che non è sopraffatto, che non soccombe. Anche nelle situazioni disperate - cioè senza speranza - tu non ti rassegni e in altra forma, con altra promessa, soccorri l'infelice. Chi è che aiuta a tener duro, a resistere nella tempesta delle avversità? La speranza che tutto finisca. Chi è che oppone resistenza alla malattia e ne impedisce il dilagare piú di ogni medicamento? La speranza di guarire. Chi fa sopportare duri sacrifici, talvolta con forza sovrumana? La speranza di riuscire, di raggiungere la mèta. Se non vi fosse la speranza di raggiungere l'oggetto del proprio volere, la volontà mancherebbe e lo sforzo, la fatica, sarebbero decuplicati e, quel che piú importa, infruttuosi.
Ma ditemi: chi intraprenderebbe un'impresa se non sperasse di riuscire nel suo intento? Per rendersi conto di quanta forza, coraggio e conforto rechi la speranza, basta pensare al suo contrario: la disperazione. E quanto soffrano coloro a cui la speranza non arride piú, lo si capisce chiedendosi: chi può fare a meno di sperare? Chi è tanto forte da accettare una condanna della vita, senza illudersi che qualcosa, all'ultimo momento, lo salvi? Chi rinuncerebbe a una promessa di aiuto nel bisogno?
 Fra coloro che la speranza non soccorre vi sono i pessimisti. Poveretti! Sono da compiangere. Si, è vero, possono aver ragione, ragione a non confidare; ma possono anche aver torto e allora perché rinunziare in partenza a quell'afflato che la speranza sa donare? Per non rischiare la delusione? Bene, io vi dico invece: rischiate. Quel teorico cinquanta per cento di delusione che potreste avere è piú conveniente di un cento per cento senza speranza.
 E poi, perché non sperare? Perché darsi per vinti, perché mettere limiti alla potenza di Dio? Fra i casi giudicati senza speranza, ce n'è sempre almeno uno che, invece, si è risolto diversamente. E perché il vostro non potrebbe essere il secondo? Però sappiate che tutti i casi che si sono risolti felicemente, nessuno escluso, erano vissuti nella speranza.
 Ma se certe speranze vengono deluse e si dimostrano poi, nella realtà, vane, allora che cos'è la speranza? Assegnamento o chimera, conforto o illusione? Miraggio o promessa? Prospettiva o sogno? La speranza è tutto questo: è sogno, miraggio, illusione, chimera quando non si realizza, ma anche quando è così, la delusione non cancella ciò che la speranza, prima, ha donato.
 Credetemi, il Creatore dando all'uomo la possibilità di sperare gli ha fatto un dono meraviglioso. Saggiamente il cattolicesimo fa della speranza una virtú teologale, cioè una di quelle virtú infuse da Dio nell'uomo per la sua beatitudine soprannaturale.
Sapete che cosa vi dico? Se la Verità del Tutto, se la conoscenza del vero significato di tutto quanto accade, se la Realtà dell'esistente non fosse essa stessa di per sé speranza, vi direi che è piú importante infondere speranza che far conoscere la Verità; e se dovessi scegliere fra l'essere Maestro di qualcuno o, invece, rappresentare per lui la speranza, vi assicuro che con immensa gioia sceglierei d'essere la sua speranza, perché non ci può essere niente di piú bello e gratificante che essere la speme di una creatura.
 Ma, badate bene, io non vi parlo di quella speranza dell'abu­lico, del rassegnato; io vi parlo di quella speranza, anche irrazio­nale, ma che dà fiducia, stimola ad agire, a non darsi per vinti.
Non vi parlo di quella speranza che è evasione dalla realtà. Vi parlo di quella speranza che, pur nella piena consapevolezza della situazione presente, non abbandona. Anzi, piú sembra assurda e piú dà accanimento a credere in un domani migliore, raggiungibile attraverso l'opera nell'oggi. Questo è il punto! Non la speranza che, inerme, vi fa attendere che la soluzione piova dal cielo, ma quella che la combattere perché dà la fiducia che la lotta, in qualche modo, possa essere vinta. E quand'anche ciò non fosse, la vera speranza non si spegne, ma dà la fiducia che niente è mai veramente perduto e che alla privazione segue, per una legge naturale e divina, una dotazione piú grande.
La vera speranza rende fidenti che chi si ama veramente, per una legge naturale e divina, non viene mai definitivamente diviso e che, a una momentanea separazione, segue un'unione piú bella, piú viva, piú consapevole, piú sentita, piú desiderata e mai più interrotta.
 Se avete una minima fiducia in me - e lo credo, perché altrimenti non stareste ad ascoltarmi, nemmeno per curiosità allora, vi prego, credetemi. lo vi dico che tutto accade per il vostro vero bene e che nel mondo invisibile che sperate esista non avete degli esseri ostili che fanno di tutto per farvi soffrire, ma creature che vi amano e che fanno di tutto per farvi crescere, maturare, rendere piú coscienti, piú liberi e felici.
 Si, fratelli, se ancora non l'avete capito, il mio non è un invito alla disperazione: è un invito a sperare! « In che cosa? » sento che vi chiedete. E vi vedo girare attorno lo sguardo, mentre un'espressione di sgomento si  rivela sul vostro volto. Sí, certo, le stragi fini a se stesse mietono vittime innocenti, stroncano la vita di inermi passanti. Ma io vi dico: sperate! I fatti obbrobriosi sono subito dimenticati e finiscono col passare quasi inosservati nell'indifferenza generale. Ma io vi dico: sperate!
 Pare che l'onestà sia un antico ricordo; un'usanza di tempi ormai superati che non ha piú senso, ma io vi dico: sperate!
Nessuno sembra piú disposto a lavorare, a faticare, a sacrificarsi, a fare il proprio dovere che costa, ma io vi dico: sperate!
 Nessuno piú vorrebbe rivestire il ruolo di essere anonimo che svolge i servizi piú umili, in silenzio, ma io vi dico: sperate!
 Ognuno pretende, con prepotenza esige e non vuole essere secondo a nessuno, ma io vi dico: sperate!
 I buoni sono irrisi, sembra che siano premiati i peggiori e che i disonesti la facciano franca, ma io vi dico: sperate!
 « Sperare in che cosa? », voi vi domandate. Non' c'è nessuno in cui sperare; nessuno che sembri lavorare, industriarsi, agire non per se stesso; non c'è qualcuno che possa essere levato a simbolo, additato ad esempio.
 Allora vi dico: c'è una schiera di creature anonime, silenziose, che non fanno cronaca, che non conoscono la lusinga del successo, la tentazione del potere, la sete di possedere; che si accontentano di quello che hanno, non perché non potrebbero avere altro, ma perché hanno capito, che sono pronte a donare; che non si sentono umiliate a rivestire ruoli umili, a mandare innanzi altri, solo che ne vedano il valore; che sono pronte a sacrificarsi, solo che si convincano che ne vale la pena. Son loro che mi autorizzano a dirvi: sperate! Sperate in un domani migliore, nell'uomo migliore, nella virtú trionfante, nel buon senso che prevale, nella coscienza che si desta, nella volontà di creare un mondo piú bello, nella speranza che ritorna: perché sperare è carezzare, è concepire il bene, è cullare, è infondere fiducia, è nutrire, è pascere, è rinverdire, è dare forza. Sperare è creare!
 Che la speranza sia con voi!
                                                                                                                                                                                                                       KEMPIS

Pra se pensar ....

Desespero anunciado

Desespero anunciado Para que essa agonia exorbitante? Parece que tudo vai se esvair O que se deve fazer? Viver recluso na pr...