POLITICA: ABUSI, ABBANDONO E INTERESSI
Quando si parla dell’attuale politica, automaticamente si pensa
agli abusi e gli abbandoni dei beni comune, cosa che si vede dappertutto e
dell’uso per interessi propri della struttura di governo.
Quando si riflette sulla politica odierna si presenta subito i
compromessi, molte volte immorali, per conquistare o mantenere una sedia in
comune o parlamento.
Quando si tocca l’argomento dell’amministrazione pubblica la cosa
è ancora più terribile: l’indifferenza e l’abbandono del bene comune e la cura degli interessi
personali e del proprio partito.
Poi uno non può essere cieco da non vedere gli opportunismi di
certe azione o di certe attitudine per trovare consenso oppure per fare buona
figura.
Con tutto questo quadro non resta che l’indignazione e la speranza
di una vera riforma del mondo della politica e delle persone che si mettono
nella gestione delle cose pubbliche. Faccio mie le parole accertate e profonde
di Pierluigi Battista quando commentava mesi fa:
“Siamo nel pieno di una campagna elettorale
in cui i partiti devono difendersi dagli effetti di una pessima nomea, peraltro
egregiamente conquistata sul campo dopo decenni di ostinata cattiva gestione
della cosa pubblica. La nomea di associazioni dedite al saccheggio delle
risorse pubbliche, veicoli di corruzione, collettori di tangenti, terra di
pascolo per clientele e gruppi affaristici che attraverso la politica si
procurano i mezzi per un arricchimento smisurato. È fondata questa nomea o è
soltanto il frutto di una propaganda demagogica, o «qualunquista», come si
diceva un tempo? È, purtroppo, una nomea più che fondata. Assistere allo
spettacolo di consiglieri regionali che scialano in cene pantagrueliche i soldi
pubblici degli italiani intascati con appositi regolamenti autopromozionali,
oppure vedere in ogni parte d’Italia dilagare, a destra e a sinistra, nel Nord
e nel Sud, le ruberie consumate ai danni della sanità italiana, tutto questo
rende comprensibilmente sospetto l’appello a non abusare della «questione
morale» durante e dopo la campagna elettorale in corso, pena l’accusa di voler
minimizzare le colpe di chi fa politica per arricchirsi. Tuttavia bisognerebbe
insistere: meglio accantonarla, la «questione morale». E non solo per la
ragione trivialmente fattuale, eppure difficilmente confutabile, che nessuno
degli schieramenti oggi in competizione può rivendicare una purezza cristallina
che ne legittimi le pretese di supremazia etica. Ma perché la «questione
morale» perpetua un equivoco e concentra l’attenzione sui comportamenti etici e
non piuttosto sulle istituzioni e sulle leggi che dovrebbero impedire una
deriva «immorale» nel governo dello Stato” (Pierluigi Battista, Contro l’abuso della questione morale,
Corriere della Sera, gennaio 2013).
Fino quando assisteremo la demagogia politica e
sociale e resteremo con le braccia crociate e indifferenti al qualunquismo o
menefreghismo dei gestori della cosa pubblica? Quando scegliamo i nostri
rappresentanti quali criterio usiamo? Oppure ci omettiamo e passiamo la “patata
calda” agli altri? In quanto sia
l’opportunismo e la voglia di potere a comandare le nostre azione allora il
caos e l’abbandono saranno le principale leggi della politica. Riflettiamo e
cerchiamo di cambiare questa situazione e di collaborare per un miglior uso
della politica e dell’amministrazione dei beni comuni.
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