Le frontiere culturali del cibo
Come ha osservato Mary Douglas, il cibo oltre ad essere un elemento di sostentamento del corpo, è anche un importante medium, in quanto rappresenta un mezzo di comunicazione, attraverso il quale l’individuo esprime se stesso e allo stesso tempo si differenzia dagli altri, ovvero da coloro i quali non hanno le stesse abitudini alimentari. Il cibo può rappresentare una “frontiera culturale simbolica”, così come si può osservare con i tabù alimentari. Ma allo stesso tempo il cibo segna dei confini ben precisi anche all’interno di una stessa società, come ha dimostrato Bourdieu quando ha descritto i sistemi alimentari delle classi popolari e di quelle borghesi.
L’atto stesso del cucinare ci fa riflettere su alcuni elementi. Come ha detto Fishler, la cottura rappresenta simbolicamente una sottomissione della natura alla cultura, in quanto una volta preparato il cibo perde la sua naturalità e assume significati e sapori diversi a seconda della cultura. Come scrive Fishler “Ogni cultura possiede una cucina specifica che implica delle classificazioni, delle tassonomie particolari e un complesso di regole fondato non solo sulla preparazione e sulla combinazione degli alimenti ma anche sulla loro raccolta e sul loro consumo. Possiede anche dei significati, che sono strettamente dipendenti dal modo in cui le regole culinarie vengono applicate. Per riprendere l’analogia con il linguaggio, si può dire che, come gli errori di grammatica possono danneggiare o annullare il significato, gli errori di «grammatica culinaria» possono determinare delle improprietà inquietanti per chi mangia.”
L’alimentazione fa parte di quelle pratiche del sé che ci aiutano a tracciare delle barriere simboliche fra noi e l’Altro ed in questo modo ci aiutano a capire meglio i significati del sé. Così, come ci hanno mostrato le diverse civiltà di cui ci siamo occupati, da quella greca a quella italiana o francese o cinese, la condivisione dello stesso cibo introduce le persone nella stessa comunità e le rende membri di un’unica cultura. Il cibo così come crea delle appartenenze, allo stesso modo sottolinea le differenze e serve a separare “noi” dagli “altri”. “Attualmente l’alimentazione è uno dei display più importanti per delimitare barriere ideologiche, etniche, politiche, sociali, o al contrario uno dei mezzi più utilizzati per conoscere le culture “altre”, per mescolare le civiltà, per tentare la via dell’interculturalismo; il cibo è anche un meccanismo rivelatore dell’identità etnica, culturale, sociale. [Scholliers, 2001]”
Quindi con questa tesi ho cercato di delimitare i confini simbolici rappresentati dal cibo inteso come artefatto culturale anziché frutto della natura. Mi sono servita di alcune categorie come popolo, nazione, etnia, casta e classe per perimetrare i confini di appartenenze consolidate attraverso le abitudini culinarie. Sono partita dalla costruzione gastronomica dell’identità nazionale attraverso alcuni momenti chiave della storia italiana, come le Corti Cinquecentesche e l’Unità d’Italia, per poi passare successivamente all’analisi dei tabù alimentari come artifici simbolici per legittimare appartenenze comunitarie. Ma anche segnare insormontabili frontiere fra caste e classi facendo leva su idiosincrasie del gusto e dei regimi alimentari oltreché del costume, soffermandomi sulla grammatica culinaria come sistema culturale
L’atto stesso del cucinare ci fa riflettere su alcuni elementi. Come ha detto Fishler, la cottura rappresenta simbolicamente una sottomissione della natura alla cultura, in quanto una volta preparato il cibo perde la sua naturalità e assume significati e sapori diversi a seconda della cultura. Come scrive Fishler “Ogni cultura possiede una cucina specifica che implica delle classificazioni, delle tassonomie particolari e un complesso di regole fondato non solo sulla preparazione e sulla combinazione degli alimenti ma anche sulla loro raccolta e sul loro consumo. Possiede anche dei significati, che sono strettamente dipendenti dal modo in cui le regole culinarie vengono applicate. Per riprendere l’analogia con il linguaggio, si può dire che, come gli errori di grammatica possono danneggiare o annullare il significato, gli errori di «grammatica culinaria» possono determinare delle improprietà inquietanti per chi mangia.”
L’alimentazione fa parte di quelle pratiche del sé che ci aiutano a tracciare delle barriere simboliche fra noi e l’Altro ed in questo modo ci aiutano a capire meglio i significati del sé. Così, come ci hanno mostrato le diverse civiltà di cui ci siamo occupati, da quella greca a quella italiana o francese o cinese, la condivisione dello stesso cibo introduce le persone nella stessa comunità e le rende membri di un’unica cultura. Il cibo così come crea delle appartenenze, allo stesso modo sottolinea le differenze e serve a separare “noi” dagli “altri”. “Attualmente l’alimentazione è uno dei display più importanti per delimitare barriere ideologiche, etniche, politiche, sociali, o al contrario uno dei mezzi più utilizzati per conoscere le culture “altre”, per mescolare le civiltà, per tentare la via dell’interculturalismo; il cibo è anche un meccanismo rivelatore dell’identità etnica, culturale, sociale. [Scholliers, 2001]”
Quindi con questa tesi ho cercato di delimitare i confini simbolici rappresentati dal cibo inteso come artefatto culturale anziché frutto della natura. Mi sono servita di alcune categorie come popolo, nazione, etnia, casta e classe per perimetrare i confini di appartenenze consolidate attraverso le abitudini culinarie. Sono partita dalla costruzione gastronomica dell’identità nazionale attraverso alcuni momenti chiave della storia italiana, come le Corti Cinquecentesche e l’Unità d’Italia, per poi passare successivamente all’analisi dei tabù alimentari come artifici simbolici per legittimare appartenenze comunitarie. Ma anche segnare insormontabili frontiere fra caste e classi facendo leva su idiosincrasie del gusto e dei regimi alimentari oltreché del costume, soffermandomi sulla grammatica culinaria come sistema culturale
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