La paura dell'altro: nuovo barbarismo?

La paura dell'altro

La paura dell'altro

La paura dell'altro accompagna la storia dagli uomini sin dalle sue origini, nonché lo sviluppo del singolo individuo. Il bambino prende coscienza della propria identità soltanto quando incomincia a rendersi conto che c'è un interno ed un esterno, l'io e il non io.
Le persone che lo circondano, i suoi genitori, la sua famiglia, il suo ambiente, gli fungono inizialmente da specchio, ma anche da avversari, che gli permettono di riconoscersi, quindi di percepirsi, come unico e diverso. Solo intorno agli otto mesi sviluppa una reazione di paura nei confronti delle persone estranee. L'estraneità viene identificata come segnale di pericolo, di conseguenza l'attaccamento nei confronti della madre si rafforza: questo tipo di reazione era indispensabile alla sopravvivenza della specie.

L'ansia è insita nell'uomo e lo accompagna dalla nascita alla morte. È un segnale d'allarme che lo avverte di un pericolo o di una minaccia, che permette al corpo e alla mente, di attivare le difese necessarie e si può manifestare anche senza cause apparenti. La paura del buio permette al bambino di combattere più efficacemente l'angoscia d'abbandono. Le piccole ossessioni e compulsioni dell'adolescente gli permettono di gestire meglio le sue prime emozioni sessuali. La xenofobia (dal greco xenophobia, ossia "paura del diverso"), non sfugge a questa logica. La paura dello straniero, come reazione individuale o collettiva, rappresenta certamente una risposta incosciente a tutta una serie di ansie primitive.
I meccanismi psicologici che si trovano alla base di questa fobia, secondo la teoria evoluzionistica di Haldane sono:

La forte identificazione col proprio gruppo; le persone sviluppano velocemente un'identità di gruppo sulla base di indizi minimi, che hanno la funzione di identificazione. Gli individui si aggrappano a ogni tipo di indizio suscettibile di distinguere quelli che fanno parte del proprio gruppo, da quelli che non ne fanno parte. Di conseguenza le persone vengono suddivise fra "noi" e "loro" sulla base dell'aspetto esteriore, della religione, dei costumi, del luogo di provenienza, del linguaggio e della sessualità. Si tratta di criteri molto diversificati per decidere chi eliminare e chi aiutare. 

Gli stereotipi negativi nei confronti dei membri di altri gruppi; concetti generalmente collegati ad altri, con cui si caratterizzano tutti i membri di un gruppo, che possono dar luogo all'insorgezza di pregiudizi.

Oggi il pregiudizio xenofobo è frutto di sottocultura e si manifesta nei confronti degli extracomunitari, dei rom, dei venditori ambulanti e dei barboni, dello straniero e del "diverso", che viene percepito come estraneo, come sconosciuto e, in quanto tale, come pericolo perché sfugge al nostro controllo. La mancanza di controllo spaventa e fa attivare le difese, che facilmente rischiano di diventare rifiuto, chiusura. La xenofobia, poi, dilaga dal singolo individuo al gruppo, sulla spinta spesso di pregiudizi e di incomprensioni, che portano alla nascita dell'odio e dell'intolleranza. Nonostante quindi la paura per la diversità sembri appartenere alla natura umana, è importante attivarsi per razionalizzare questa reazione istintiva attraverso la conoscenza, il rispetto e l'accoglienza, evitando che diventi una forma di razzismo preventivo, dannosa per noi e per chi ci circonda.

Bibliografia: 
Arcuri L. –"Razzismo. Il pregiudizio automatico" - Psicologia contemporanea 
Mazzara B.M. –"Stereotipi e pregiudizi" Il Mulino
PsicoScrittura.it @ Scienze Psicologiche e Psicologia della Scrittura – "Il punto di vista evoluzionistico"

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