La
famiglia è il fondamento della società. Ne rappresenta la sua
particella elementare, il suo elemento costitutivo di base. E così,
come un mattone utilizzato per costruire la casa, diviene parte
integrante della società (la nostra casa per l’appunto) che
contribuirà a realizzare. Va da sé che la solidità dell’edificio
che si va a costruire dipende da due fattori determinanti: i
materiali utilizzati ed il lavoro svolto.
Per
i primi si fa riferimento alla qualità dei mattoni che si andranno
ad utilizzare ed alla calce che servirà a fissarli in maniera
indissolubile. Se quei materiali sono scadenti il risultato che
otterremo sarà mediocre, pericolante nel suo insieme. Basterà un
nulla per far crollare la nostra casa rovinosamente su sé stessa.
Sarebbe facile utilizzare materiali buoni, scartando tutto ciò che è
difettoso. Ma non funziona così, anche se qualcuno ci ha provato in
passato e ci sta provando ancora oggi. I mattoni che abbiamo a
disposizione debbono essere utilizzati tutti, buoni e cattivi nessuno
escluso. Fa parte del gioco.
C’è
poi la calce da preparare per le opere di muratura. Anch’essa
rientra nella categoria dei materiali da utilizzare e deve essere
preparata al meglio, al fine di dare solidità alla nostra opera.
Troppa sabbia la indebolisce, si sa. Occorre quindi procedere con
perizia e miscelare le giuste dosi per ottenere un buon risultato.
Quest’ultimo
passaggio ci porta quindi al secondo dei fattori determinanti prima
accennati: la qualità del lavoro. E’ qui che subentra la figura
del “buon muratore”, le cui capacità saranno determinanti alla
solidità dell’opera: l’abilità di realizzare la migliore calce
possibile, la bravura nel murare i nostri mattoni uno dopo l’altro,
avendo cura di tirare su le pareti a piombo, la posa del tetto
affinché non ci piova dentro. Un lavoro impegnativo, secondo alcuni
perfino “impossibile”.
Vista
così, appare piuttosto chiaro ciò che siamo chiamati a fare. Ogni
famiglia (buona e cattiva), rappresenta l’elemento indispensabile,
il “mattone” per l’appunto, per la creazione della nostra
società. Non vi è esclusione alcuna. Ognuno di noi è quindi
chiamato ad operare dentro il proprio nucleo, al fine di creare un
buon mattone, il migliore possibile, non per sé stesso, ma in
previsione del ruolo che andrà a rivestire nella collettività. Non
vi sono alternative. Non esiste altra via. Questo è un passaggio
obbligato ed obbligatorio, in quanto le nostre singole azioni
andranno a riverberarsi, prima di tutto all’interno delle nostre
famiglie e a seguire, sulla nostra società.
Allo
stesso tempo dovremo vestire i panni del “buon muratore”,
nell’intento di partecipare attivamente
alla realizzazione di un società buona. Dovremo essere noi a
preparare la calce e ad eseguire le opere di muratura. La sabbia è
comunque necessaria, ma se si riuscisse a miscelarla con un buon
legante, fornito da un grossista di fiducia, forse molte difficoltà
potrebbero essere superate. Mettiamo poi il caso che il nostro
grossista fosse talmente prodigo da fornirci tanto di quel cemento da
costruire una città intera a prezzo zero. Direte voi: “quel
grossista è un pazzo scriteriato!!”. Mettiamo adesso il caso che
quel grossista fosse il buon Dio e che il cemento che ci ha donato in
sovrappiù ce lo avesse donato sotto forma di misericordia,
carità,
amore.
Cosa di dovrebbe pensare allora? Che quel grossista, così
particolare, è effettivamente un “un pazzo scriteriato” sì, ma
per quell’immenso amore
che nutre verso di noi. E’ così tanto pazzo che non si limita a
donarci il suo cemento, ma rende disponibili anche i suoi progetti
per costruire una casa a regola d’arte. Basterebbe solo seguirne i
consigli. Basterebbe solo aprire il nostro cuore ai Suoi discreti
appelli che, senza stancarsi mai e senza imporsi mai, continuamente
ci lancia ma che spesso cadono inascoltati nella più completa
indifferenza.
Ecco
cosa vuol dire “aprirsi” alla società. Ecco dove si cela il
significato reale di “famiglia”, intesa come stimolo, proposta,
anima della società. Sono, queste, parole di don Marco che ha saputo
ben centrare il nocciolo della questione nel corso dell’ultimo
incontro del gruppo famiglie. In sostanza la famiglia deve vivere la
società non a parole ma con fatti concreti e gratuiti. E’ quindi
imperativo sottolinearne la valenza sociale del singolo nucleo
familiare, quale embrione fondamentale delle virtù (morali ma anche
sociali) di cui deve farsi carico.
La
coppia deve riuscire, in definitiva, ad occuparsi della realtà
multiforme e spesso complessa che gli sta attorno. Deve riuscire a
portare il confronto entro le proprie mura domestiche, per poi
presentare il mondo ai propri figli. Quei figli che hanno bisogno di
conoscere ciò che sta fuori dalla porta di casa e non certo di
essere ingannati da false rappresentazioni, spesso utilizzate dai
genitori quale elemento “disperato” di falsa protezione. Quei
figli, ancora, che cercano nei loro genitori gli esempi pratici di
quelle tanto decantate virtù sociali, per le quali spesso ci si
riempie la bocca ma poi, a conti fatti, rimangono solo lettera morta.
Loro, i figli, se ne accorgono e notano la stridente contraddizione
tra il dire ed il fare.
A
tal riguardo qualcuno ha intelligentemente sottolineato come la
famiglia non debba essere indifferente ma debba, al contrario,
aprirsi, interagire con il mondo che la circonda. Il qualunquismo
gratuito non porta a nulla. La denuncia generalizzata è fine a se
stessa. Quello che è più difficile e che più conta sta nella
necessità, non solo di riconoscere ciò che vi è di negativo, ma
soprattutto, una volta individuate le problematiche esistenti, deve
essere nostro compito “trovare delle soluzioni” pratiche,
tangibili. Provare ad avanzare di quel passo in più che molte,
troppe volte, non riusciamo (o non vogliamo?) fare. Non posso dire
che la situazione economica in Italia è disastrata e poi faccio di
tutto per non pagare le tasse. Non è giusto! Dove sono andate a
finire quelle virtù sociali di cui, in teoria, mi faccio paladino,
quando poi nel mio piccolo e nel concreto le smentisco puntualmente?
E’ questo che voglio insegnare ai miei figli? E’ questo il mio
impegno nella società? No. La nostra condotta deve improntarsi a ben
altri esempi, molto più luminosi e coerenti. Al dire deve seguire il
fare. Senza “se” e senza “ma”. Solo così “lungi
dal rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre alle altre
famiglie e alla società, assumendo il suo compito
sociale”
[FAMILIARIS CONSORTIO, 42]. Solo
così.
Non
vi sono scuse, attenuanti, ipocrisie sufficienti a farci nascondere
dietro un dito. E’ imperativo rimboccarci le maniche e iniziare a
lavorare sul serio. Proprio come il “buon muratore”. Forse,
dopotutto, non è così “impossibile”.
Buon
lavoro a tutti.
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