Riflessione sulla Famiglia








INCONTRO DEL 21 GENNAIO 2012


La famiglia è il fondamento della società. Ne rappresenta la sua particella elementare, il suo elemento costitutivo di base. E così, come un mattone utilizzato per costruire la casa, diviene parte integrante della società (la nostra casa per l’appunto) che contribuirà a realizzare. Va da sé che la solidità dell’edificio che si va a costruire dipende da due fattori determinanti: i materiali utilizzati ed il lavoro svolto.
Per i primi si fa riferimento alla qualità dei mattoni che si andranno ad utilizzare ed alla calce che servirà a fissarli in maniera indissolubile. Se quei materiali sono scadenti il risultato che otterremo sarà mediocre, pericolante nel suo insieme. Basterà un nulla per far crollare la nostra casa rovinosamente su sé stessa. Sarebbe facile utilizzare materiali buoni, scartando tutto ciò che è difettoso. Ma non funziona così, anche se qualcuno ci ha provato in passato e ci sta provando ancora oggi. I mattoni che abbiamo a disposizione debbono essere utilizzati tutti, buoni e cattivi nessuno escluso. Fa parte del gioco.
C’è poi la calce da preparare per le opere di muratura. Anch’essa rientra nella categoria dei materiali da utilizzare e deve essere preparata al meglio, al fine di dare solidità alla nostra opera. Troppa sabbia la indebolisce, si sa. Occorre quindi procedere con perizia e miscelare le giuste dosi per ottenere un buon risultato.
Quest’ultimo passaggio ci porta quindi al secondo dei fattori determinanti prima accennati: la qualità del lavoro. E’ qui che subentra la figura del “buon muratore”, le cui capacità saranno determinanti alla solidità dell’opera: l’abilità di realizzare la migliore calce possibile, la bravura nel murare i nostri mattoni uno dopo l’altro, avendo cura di tirare su le pareti a piombo, la posa del tetto affinché non ci piova dentro. Un lavoro impegnativo, secondo alcuni perfino “impossibile”.
Vista così, appare piuttosto chiaro ciò che siamo chiamati a fare. Ogni famiglia (buona e cattiva), rappresenta l’elemento indispensabile, il “mattone” per l’appunto, per la creazione della nostra società. Non vi è esclusione alcuna. Ognuno di noi è quindi chiamato ad operare dentro il proprio nucleo, al fine di creare un buon mattone, il migliore possibile, non per sé stesso, ma in previsione del ruolo che andrà a rivestire nella collettività. Non vi sono alternative. Non esiste altra via. Questo è un passaggio obbligato ed obbligatorio, in quanto le nostre singole azioni andranno a riverberarsi, prima di tutto all’interno delle nostre famiglie e a seguire, sulla nostra società.
Allo stesso tempo dovremo vestire i panni del “buon muratore”, nell’intento di partecipare attivamente alla realizzazione di un società buona. Dovremo essere noi a preparare la calce e ad eseguire le opere di muratura. La sabbia è comunque necessaria, ma se si riuscisse a miscelarla con un buon legante, fornito da un grossista di fiducia, forse molte difficoltà potrebbero essere superate. Mettiamo poi il caso che il nostro grossista fosse talmente prodigo da fornirci tanto di quel cemento da costruire una città intera a prezzo zero. Direte voi: “quel grossista è un pazzo scriteriato!!”. Mettiamo adesso il caso che quel grossista fosse il buon Dio e che il cemento che ci ha donato in sovrappiù ce lo avesse donato sotto forma di misericordia, carità, amore. Cosa di dovrebbe pensare allora? Che quel grossista, così particolare, è effettivamente un “un pazzo scriteriato” sì, ma per quell’immenso amore che nutre verso di noi. E’ così tanto pazzo che non si limita a donarci il suo cemento, ma rende disponibili anche i suoi progetti per costruire una casa a regola d’arte. Basterebbe solo seguirne i consigli. Basterebbe solo aprire il nostro cuore ai Suoi discreti appelli che, senza stancarsi mai e senza imporsi mai, continuamente ci lancia ma che spesso cadono inascoltati nella più completa indifferenza.
Ecco cosa vuol dire “aprirsi” alla società. Ecco dove si cela il significato reale di “famiglia”, intesa come stimolo, proposta, anima della società. Sono, queste, parole di don Marco che ha saputo ben centrare il nocciolo della questione nel corso dell’ultimo incontro del gruppo famiglie. In sostanza la famiglia deve vivere la società non a parole ma con fatti concreti e gratuiti. E’ quindi imperativo sottolinearne la valenza sociale del singolo nucleo familiare, quale embrione fondamentale delle virtù (morali ma anche sociali) di cui deve farsi carico.
La coppia deve riuscire, in definitiva, ad occuparsi della realtà multiforme e spesso complessa che gli sta attorno. Deve riuscire a portare il confronto entro le proprie mura domestiche, per poi presentare il mondo ai propri figli. Quei figli che hanno bisogno di conoscere ciò che sta fuori dalla porta di casa e non certo di essere ingannati da false rappresentazioni, spesso utilizzate dai genitori quale elemento “disperato” di falsa protezione. Quei figli, ancora, che cercano nei loro genitori gli esempi pratici di quelle tanto decantate virtù sociali, per le quali spesso ci si riempie la bocca ma poi, a conti fatti, rimangono solo lettera morta. Loro, i figli, se ne accorgono e notano la stridente contraddizione tra il dire ed il fare.
A tal riguardo qualcuno ha intelligentemente sottolineato come la famiglia non debba essere indifferente ma debba, al contrario, aprirsi, interagire con il mondo che la circonda. Il qualunquismo gratuito non porta a nulla. La denuncia generalizzata è fine a se stessa. Quello che è più difficile e che più conta sta nella necessità, non solo di riconoscere ciò che vi è di negativo, ma soprattutto, una volta individuate le problematiche esistenti, deve essere nostro compito “trovare delle soluzioni” pratiche, tangibili. Provare ad avanzare di quel passo in più che molte, troppe volte, non riusciamo (o non vogliamo?) fare. Non posso dire che la situazione economica in Italia è disastrata e poi faccio di tutto per non pagare le tasse. Non è giusto! Dove sono andate a finire quelle virtù sociali di cui, in teoria, mi faccio paladino, quando poi nel mio piccolo e nel concreto le smentisco puntualmente? E’ questo che voglio insegnare ai miei figli? E’ questo il mio impegno nella società? No. La nostra condotta deve improntarsi a ben altri esempi, molto più luminosi e coerenti. Al dire deve seguire il fare. Senza “se” e senza “ma”. Solo così “lungi dal rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo compito sociale” [FAMILIARIS CONSORTIO, 42]. Solo così.
Non vi sono scuse, attenuanti, ipocrisie sufficienti a farci nascondere dietro un dito. E’ imperativo rimboccarci le maniche e iniziare a lavorare sul serio. Proprio come il “buon muratore”. Forse, dopotutto, non è così “impossibile”.


Buon lavoro a tutti.

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