L'incertezza

La società dell''incertezza



Nel 1929 Sigmund Freud pubblica "Il disagio della civiltà": una impietosa analisi della società moderna che, tra principio di piacere e principio di realtà aveva scelto il secondo. Ovvero l’ordine, la regolazione: "L’uomo civile - scriveva Freud - ha scambiato una parte delle sue possibilità di felicità per un po’ di sicurezza". Il disagio nasceva, secondo Freud da un eccesso di ordine e dalla sua inseparabile compagna: la morte della libertà.
Freud scriveva della società moderna. Ma se dovessimo scrivere oggi su "
Il disagio della postmodernità", ovvero sul nostro tempo tardo moderno" cosa dovremmo dire? A che cosa rinuncia oggi l’uomo contemporaneo? E quale la fonte del disagio odierno?
Sono queste le domande a cui tenta rispondere Zygmund Bauman nei saggi contenuti nel volume 
"La società dell’incertezza".

1. Il disagio postmoderno
A 70 anni dall’analisi di Freud "la libertà individuale - scrive Bauman - regna sovrana; è il valore in base al quale ogni altro valore deve essere valutato e la misura con cui la saggezza di ogni norma e decisione sovra-individuale va confrontata" (pag 9).Siamo nel tempo della deregulation dove il principio di piacere regna sovrano. Così: "gli uomini e le donne postmoderni scambiano una parte delle loro possibilità di sicurezza per un po’ di felicità". E "il disagio della postmodernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale".
Da qui il confronto con il disagio dei nostri progenitori moderni: "Se la noia e la monotonia pervadono le giornate di coloro che inseguono la sicurezza, l’insonnia e gli incubi infestano le notti di chi persegue la libertà. In entrambi i casi, la felicità va perduta" (pag. 10).

2. Dalla libertà all’incertezza
Ogni gioco prevede vincitori e vinti (e sul gioco segnalo un bel volume - paradossale e freudiano sin dal titolo - del filosofo Pier Aldo Rovatti: Il paiolo bucato, Milano, Cortina, 1998).
Ma nel gioco della libertà - segnala argutamente Bauman - le cose si fanno più complesse: "Chi ha perso si consola con la speranza di vincere la prossima volta, mentre la gioia del vincitore è offuscata dal presentimento della perdita". Per entrambi la libertà significa che nulla è stabile ma tutto è incerto. Ma l’incertezza è portatrice di messaggi differenti: ai perdenti dice che non tutto è ancora perduto (così continuano a giocare trasformandosi in carnefici di se stessi), mentre ai vincenti sussurra che ogni trionfo è precario.

3. Catalogo delle paure postmoderne
Uno dei saggi di Bauman indaga la tipologia delle paure postmoderne. Come si sa Michel Foucault - sulle orme del Panopticon di Jeremy Bentham - sostiene che tutte le istituzioni della modernità erano fabbriche dell’ordine e della certezza. Si trattasse di scuole, ospedali, eserciti, il loro ruolo era definire l’idoneità sociale degli individui e, in caso di inidoneità, doveva provvedere a isolare tali individui in apposite istituzioni totalitarie (manicomi, prigioni, ecc).
Nel tempo della postmodernità non esistono più istituzioni simili o, perlomeno, quelle esistenti sono attraversate da mortali metastasi.
Oggi l’incertezza non viene più vinta dalla fabbriche dell’ordine della modernità ma deve essere vinta da ogni individui con i propri mezzi: il timore della devianza (oggi non esiste più devianza: non esistendo più alcun faro dell’ordine tutto è permesso) è sostituito dalla paura della inadeguatezza. Inadeguatezza che significa: incapacità di acquisire la forma e l’immagine desiderate, difficoltà di rimanere sempre in movimento. Difficoltà a mantenersi sempre flessibili e pronti ad assumere modelli di comportamento differenti, di essere allo stesso tempo argilla plasmabile e abile scultore.
Tra le conseguenze del venir meno delle figure del sovraintendente, del capo, dell’insegnante (clasiche figure dell’ordine moderno) la più importate riguarda il fatto che con loro sparisce anche la loro capacità di liberare dal peso della responsabilità. Se spariscono le fabbriche ed i sacerdoti dell’ordine ognuno è responsabile di se stesso, delle sue azioni. Ogni individuo diventa "controllore di se stesso". Certo: tutti sono liberi, libero nella prigione che si è costruito lui stesso.

4. Dall’incertezza alle generose offerte del mercato
Per concludere questo passaggio: alla privatizzazione della gestione dell’incertezza corrisponde la forza del mercato. Se infatti io mi sento inadeguato - personalmente inadeguato - sarò certamente ansioso di cogliere le molteplici proposte che il mercato mi fa al fine di poter migliorare la mia adeguatezza. Proposte che - stavolta - raccolgo spontaneamente, senza alcuna coercizione esterna e senza nessuna opera di indottrinamento ad opera di altri.
Esempio semplice semplice: se io mi sono sentito inadeguato quando 15 anni fa ho capito che l’informatica avrebbe cambiato radicalmente il mondo non ho avuto bisogno di nessuna coercizione esterna per decidere di spendere moltissime risorse personali per assumere competenza in questo campo. O ancora: se percepisco che il mio cellulare è inadeguato (ovvero che, ad esempio, sono tagliato fuori dal mondo a causa del fatto che il mio tacs non spedisce messaggi) sarò io stesso che correrò a cercare un nuovo telefonino che migliori la mia adeguatezza al mondo. E... guarda caso.... di questi telefonini ve ne sono sul mercato a centinaia. E tantissimi di diversi ce ne saranno fra un mese, o due, o tre. Giusto per non fermarsi, per dover costringermi a continuare a cercare sensazioni nuove..
Gli esempi che fa Bauman sono altri e riguardano in particolare il corpo (a cui dedica un intero saggio: il corpo come compito). Corpo che non deve più essere abile al lavoro (come avveniva nel tempo moderno e come ancora si ostinano a certificare gli uffici di leva: abile e arruolato, oppure "revisione" - come le automobili!!! - o riformato - che fa rima con riformatorio....: tanto per dire come le fabbriche dell’ordine siano sopravvissute alla fine del loro tempo) ma deve essere un capace recettore di sensazioni. Da qui la legge del fitnes, della palestra (dove ci si auto-tortura per raggiungere una forma adeguata: cose che se te le fa fare l’insegnante di educazione fisica minimo lo ammazzi...), della necessità di accogliere e assimilare nuove stimolazioni, di fare raccolta di sensazioni. Sensazioni che vanno sempre rinnovate: non ci si può fermare mai, al punto che, contraddittoriamente, il fine diventa la ricerca delle sensazioni per le sensazioni non per quello che ognuna di essa sarebbe capace di offrire. Da qui le corse insensate, il non fermarsi mai, il non gustare nulla, il correre, il "farsi" (.... altro giorno ascoltavo furtivamente i discorsi di un gruppo di amici che si scambiavano le impressioni sulle vacanze. Uno dice: "in 6 giorni ci siamo fatti Germania, Olanda, Francia e Svizzera". Ve li immaginate? E immagino che il tutto sia stato rigorosamente filmato e fotografato per una serata con amici in cui iniziare a programmare come farsi il prossimo viaggio - trip?-). Insomma, la figura del turista (a cui Bauman dedica il saggio "Da pellegrino a turista" riprendendoargomentazioni su cui ci siamo già soffermati

5. Libertà: mia o altrui?
Scrive Bauman: "una conseguenze universalmente riconosciuta della progressiva emancipazione della libertà individuale di scelta (deregulation), è la divisione sempre più profonda fra i ricchi e chi non possiede nulla" (pag. 18).
Abbiamo più volte ragionato - durante i nostri compiti per le vacanze - su questo tema. Ovvero sulle conseguenze della deregulation e in particolare sulla crisi dello stato sociale(cfr. Bordieu), oppure il rapporto 10 dell’
UNDP). Del resto quotidianamente sentiamo dire che tutto può risolversi "privatizzando", "liberalizzando", ecc. anche se questo comporta un aumento della povertà da cui difficilmente potranno difenderci le nostre porte doppiamente blindate.

6. Libertà, Differenza, Solidarietà
A partire da questo dato Bauman compie due significative riflessioni:
a. Tagliare e restringere le libertà degli esclusi non aggiunge nulla alla libertà di chi è libero: al contrario, sottrae a molti altri la possibilità di sentirsi liberi... La strada dei tagli al welfare può condurre ovunque tranne che a una società di individui liberi: anzi per le esigenze della libertà, è come imboccare un vicolo cieco. La libertà individuale di chi è già libero non guadagna molto, in termini di risorse, da questa eliminazione. L’unico esito assicurato sembra essere la percezione di una sensazione sempre più universale e condivisa di insicurezza e incertezza. Dimenticando che la libertà di chi è libero richiede, per così dire, la libertà di tutti poiché la libertà è una relazione sociale. (pp. 18-19)
b. Quale politica è necessaria nel tempo della postmedernità? La risposta di Bauman è illuminante: "La politica che si ispira alla saggezza postmoderna si orienta verso una continua ri-affermazione del diritto degli individui liberi a perpetuare e garantire le condizioni della loro libertà. Ma per fare questo ha bisogno di essere guidata dal triplice principio di Libertà, Differenza e Solidarietà ove solidarietà è la condizione necessarie e il contributo collettivo essenziale alla vitalità della libertà e della differenza. Ma se il mondo postmoderno è capace di generare da se stesso Libertà e Differenza lo stesso non si può dire per la Solidarietà. Ma senza solidarietà nessuna libertà è sicura mentre le differenze e il tipo di politica dell’identità che tendono a generare conducono, non di rado, alla interiorizzazione dell’oppressione.
Qui sta il paradosso della postmodernitàper realizzare appieno libertà e differenza essa necessita di solidarietà. Di responsabilità di fronte al volto dell’Altro. L’Altro che ci è sempre straniero (e allo straniero Bauman dedica due saggi: La produzione e l’annullamento dello stranieroLo straniero rivisitante e rivisitato)

Solo così l’incertezza e l’inquietudine postmoderne potranno - forse - sedarsi.

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