Un’esistenza ardente
Per cosa vale la pena vivere?
Per quali ragioni consumiamo la nostra vita?
Cosa ci infiamma e ci incendia fino a spendere tutte le
nostre energie?
Per quali motivi tendiamo l’orecchio e le mani ai gridi dei
bisognosi o li siamo indifferenti?
Un’esistenza ardente si consuma per gli altri, per qualcosa
di grande, di significativo, di bello, di utopico e un consumarsi senza ardere
sarebbe perdersi nella melma della banalità e superficialità quotidiane, come
un accontentarsi della mediocrità di un’esistenza qualunque.
Ciò che fa ardere la mia vita? L’avventura della mia
esistenza dove mi porta? Il cammino che intraprendo è di liberazioni? Come vivo
questo paradosso tra la mia piccolezza e la grandezza della strada da
percorrere?
La vita mi sorprende ancora oppure ho una percezione
scontata delle cose? Cerco di fare un dialogo con la vita o semplicemente mi
lascio trascinare dal tempo? La vita viene interpellata e allora non ci sono
più gli altri ma ci siamo noi o mi emargino delle esistenze degli altri?
Percepisco nella voce del tempo la voce dell’eternità o passo i miei giorni
senza qualcosa d’indicativo? Lotto conto la rassegnazione della vita o mi
adatto a tutto uccidendo le utopie? Nutro ancora i sogni e sento la volontà di
giorni migliori o cerco di essere fuori della mischia e chiudermi ai gridi
degli oppressi?
Vivere non è sopravvivere, è mettersi in rischio, è seguire
l’infiammarsi del cuore per qualcosa di meraviglioso, benché sconosciuto e fare
esperienza della gioia della grandiosità della vita è essere fuori della
mediocrità confortevole che ci rassicura, perché un’esistenza ardente ci
permette di uscire della sterilità che ci fa consumare la vita senza ardere e
ci fa gustare i frutti della pace, della serenità e dell’entusiasmo.
JORGE RIBEIRO
02.03.13
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